Gilles Ascaride, Amori moderni


Amori moderni
Pagine: 96
Isbn: 9788887433692
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: luglio 2006
Leggi il primo racconto, Amo il mio museo


Quando l’amore diventa una comica ossessione...


Gli amori moderni di Ascaride sono pigiami, telefoni portatili, bidoni della spazzatura, aspirine, libri di cucina, motel e album di fotografie. L’universo misterioso dell’amore si intreccia indissolubilmente con le piccole ossessioni quotidiane. Quella di Ascaride è un’ironica e gustosa riflessione sulle idiosincrasie dell’uomo contemporaneo, sulla sua solitudine, sulla sua inevitabile misantropia, e di come questo amore per gli oggetti, manifestandosi nelle forme più curiose e inattese, si trasformi in una soluzione per ridare un senso alla propria vita. Con la comicità tipica di un film di Tati e la delicatezza di un Charlie Chaplin alle prese con un mondo incomprensibile, Gilles Ascaride ci parla della fragilità dell’uomo e della singolarità con cui si può manifestare l’affezione alle cose che ci circondano, in una realtà sostanzialmente caratterizzata da valori individualisti e dall’incapacità di costruire una relazione con gli altri.
Traduzione di Elena Battista. Copertina di Luca Bendandi.

 Gilles Ascaride all’epoca di Amori moderni
Gilles Ascaride è nato a Marsiglia nel 1947. Laureato in sociologia, lavora come ricercatore all’università della Provenza. Ha scritto e pubblicato una decina di romanzi, sollevando una certa attenzione in Francia. Ha scritto testi teatrali che sono andati in scena sia in Francia che in Belgio. Da Amori moderni è tratta una pièce teatrale che il Théâtre du Millénaire ha rappresentato con grande successo al festival Off di Avignone nel luglio del 2005.

Così la stampa francese


«La cronaca di un colpo di fulmine tra un personaggio solitario e un oggetto d'uso quotidiano, vero e proprio salvagente nelle tempeste della vita» (La Marseillaise)

«Si ride spesso, e molto. In seguito, ripensandoci, si ride ancora, ma a denti stretti» (La Provence)

Rassegna stampa

  • «Un viaggio nella fragilità, nella contraddizione, in quelle manie quotidiane che talvolta le storie d’amore partoriscono con una prepotenza indomabile» (Stefania Nardini, Vibrisse, 27 giugno 2006)
    Gilles era seduto sul sofà. Era una serata tra amici. A Marsiglia. Avevo letto un suo libro, ironico, divertente, pungente, e finimmo col parlarne perché mi sbalordisce sempre un accademico, un sociologo, come lo è nella fattispecie Gilles Ascaride, con tanta voglia di scherzare con le cose della vita. E poi di scherzare con l’amore!
    “Il mio sogno – mi diceva Gilles quella sera – è vederlo tradotto in italiano. La sola idea mi incanta...”.
    Disse proprio così. Con il desiderio di ritrovare nella nostra lingua le sue radici italiane, come tanti marsigliesi.
    Ed ecco Amori moderni, pubblicato in questi giorni da Fernandel, a realizzare il desiderio di uno scrittore che nel suo temperamento, nel suo modo di prendere di petto la vita, ci mette tutta la sua italianità."
    Amori moderni è un insieme di racconti sul tema dell’amore, della coppia. Un viaggio nella fragilità, nella contraddizione, in quelle manie quotidiane che talvolta le storie d’amore partoriscono con una prepotenza indomabile.
    “La verità è che se avessi una buona idea sull’amore non avrei scritto delle storie che hanno tra i personaggi degli oggetti. Certo se si amasse si vivrebbe meglio, è sicuro. Ma non è sempre così”.
    Piatto forte della raccolta è il Museo della mia vita. Storia di un abbandono e di un abbandonato, di un frigo vuoto, di bicchieri sporchi disseminati in un appartamento, di fotografie e pattumiere maleodoranti che per il protagonista rappresentano la memoria di un amore. E lui, con le sue paranoie, il lasciarsi andare come uno degli oggetti del “suo” museo, celebra il dolore con fare goffo e grottesco.
    Gilles sembra aver spiato dentro la tana di un personaggio in cui le piccole ossessioni quotidiane si mescolano con il labirinto dei sentimenti.
    Naturalmente da tutte le storie emerge una riflessione sulla condizione dell’uomo moderno, sulla sua solitudine e sugli effetti di questa condizione. Sul rapporto con le cose, con gli oggetti, così carico di significato tanto da dare un senso alla vita. Gilles Ascaride è un uomo che osserva, che scruta, che si ferma sul particolare prendendo il tempo di cui ha bisogno. Senza fretta.
    Ma tu Gilles come fai, di questi tempi, a essere ironico su un tema come l’amore?
    Mi guarda sorpreso e sorridendo celebra il suo sarcasmo dolce - amaro.
    ”Senza amore non si è niente, ma senza umorismo si è ancora meno. Se non si puo’ ridere sull’amore… non resterebbe che gettaci dalla finestra!!”. Mi guarda, ride. E, ripensando ai suoi racconti, sbotto anch’io in una risata.“Per piangere c’è sempre tempo...”.

  • «Uomini che scambiano le donne per un oggetto» (Francesca Frediani, «D di Repubblica», 22 luglio 2006)


  • «Amare le scale, più di ogni altra cosa» (Marcello D'Alessandra, «Stilos», 18 luglio 2006)
    Amare le scale, più di ogni altra cosa: sostare sul pianerottolo e nel silenzio ascoltare i rumori, le voci, oltre la porta, della domestica intimità; incrociare chi scende o chi sale salutandolo con un gran sorriso; aiutare la vecchina a raggiungere la propria porta. Oppure amare, smodatamente, la roba d’altri: al punto da non comprare mai le sigarette riuscendo sempre a chiederne una; e usare – per dire – il rasoio elettrico solo quando si è fuori di casa, meglio ancora se sul treno; quando si è ospiti in casa di qualcuno, poi, usare il suo shampoo, il suo sapone e così sempre: una forma di rivincita, dentro una vita da perdente, nei confronti degli altri. O ancora, l’amore ossessione per i libri di cucina, o per il tubetto dell’aspirina. L’amore – è la costante – per gli oggetti del nostro quotidiano.
    Sono alcuni degli amori, comici e amari, raccontati da Gilles Ascaride: una godibilissima lettura. Ma non solo: anche una indagine, dietro lo schermo del riso, dell’uomo contemporaneo di fronte all’amore, tra solitudine e ossessione. L’autore è per la prima volta tradotto in Italia; in Francia, dove è nato una cinquantina di anni fa, al suo attivo già una decina di libri, gode di una discreta attenzione. Per la vivace casa editrice di Ravenna è questo il primo libro di narrativa straniera: un battesimo fortunato, che lascia ben sperare per il futuro. I racconti più belli e avvincenti, in Amori moderni, sono quelli dalla misura più breve, spietati nella loro perentoria quanto ossessiva dichiarazione d’amore. La voce del narratore si rivolge in modo diretto, senza mediazioni, al lettore, di cui ricerca (con un’ostinazione che si rivela irresistibilmente comica) una forma di consenso, comprensione, conforto alla propria solitudine. Pare dire al lettore: “Ora ti convinco quanto il mio amore, contrariamente alle apparenze, è grande, è – come tutti gli amori – impareggiabile e unico”. Il personaggio-narratore vive i suoi amori in maniera totalizzante, fino ad annullarsi in essi; non c’è niente o nessuno che riesca a distrarlo dalla sua ossessione, anche solo per poco. E così – pare di capire – sarà per sempre.
    Le storie dei suoi amori sono tante volte della serie: come volgere a proprio vantaggio le avversità della vita. Una forma di difesa. Si prenda il primo episodio, intitolato “Amo il mio museo”: il protagonista è stato lasciato da sua moglie, dopo dieci anni si ritrova così in una casa vuota e piena di ricordi, ogni angolo gli rinnova il dolore dell’abbandono. Fino a quando comincia a fare di quella stessa casa un museo da illustrare ai suoi visitatori: qui c’è la credenza dove la sua ex moglie gli fece trovare il biglietto d’addio, questo è il divano dove si guardava assieme quel certo programma in televisione, illustrando nel dettaglio le tecniche che avevano per stendere la biancheria o per lavare i piatti, nonché quelle che adottavano – pezzo forte della visita guidata – in camera da letto. Le visite al “museo della mia vita” si svolgono tutti i giorni eccetto il martedì, giorno di chiusura, a gruppi di quattro persone al massimo. Una felicità perfetta, solo il ritorno della ex moglie – sia mai! – potrebbe infrangerla.
    Il narratore-protagonista talora appare come un novello Marcovaldo, per l’ingenuità ostinata dei suoi gesti, come ad esempio – la cornice urbana serve a fare più stringente il richiamo – nel racconto intitolato “Amo la campana del vetro”: dove il protagonista, che conduce una vita senza scopo dopo la morte della moglie, si affeziona a tal punto alla consuetudine di gettare il vetro nell’apposito contenitore, che rinnova quanto più frequentemente gli è possibile questa incombenza, recuperando tutto il vetro che gli riesce. La sua ormai è una vera vocazione, che coltiva col fervore del devoto più zelante. Quale meraviglia, per lui, scoprire un giorno una seconda campana del vetro, sorta accanto alla prima: nuovo alimento al suo amore smisurato.
    L’amore sensuale, nel racconto dei suoi amori-feticcio, non è mai del presente, al più appartiene al passato; oppure, e in maniera emblematica, è custodito dentro l’album fotografico, che tra i suoi amori in forma di racconto è quello posto in fondo al volume e riepilogativo di tutti: l’album infatti raccoglie le foto delle donne con cui ha fatto l’amore (o, per dirla altrimenti, con cui ha consumato un rapporto: perché con l’altro sesso sempre i rapporti si consumano; diverso è l’amore per i suoi oggetti-feticcio, che recano in sé l’anelito all’eternità). Donne che sono poi le medesime – si scopre – cui ha dedicato i suoi racconti d’amore (ogni racconto ha infatti una dedica), e a ciascuna donna il racconto dedicato è legato per qualche sottile ma tenace rimando.
    La frase conclusiva del racconto ultimo, nonché chiusa del libro, si riferisce al suo amatissimo album di fotografie, e dice così: “Ebbene, che arrivino pure, i tempi moderni! Io ho i miei amori”. Il richiamo al film di Chaplin, Tempi moderni, è perseguito fin dal titolo: come in quello il protagonista era vittima e cavia delle macchine che letteralmente lo mangiavano, così negli amori di Ascaride il protagonista rischia d’essere inghiottito dalla moderna società che condanna alla solitudine, salvo trovare una via di fuga negli oggetti-feticcio della quotidianità (ad esempio il telefonino, gli orologi, il tubetto dell’aspirina).

  • «Per la prima volta tradotto in Italia» (Alessandro Fogli, «Corriere Romagna», 11 agosto 2006)



  • I libri di Gilles Ascaride pubblicati da Fernandel