Sara Durantini, Nel nome del padre


Nel nome del padre
Pagine: 160
Isbn: 9788887433852
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: maggio 2007
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Fino a che punto può spingersi l’amore tra un padre e una figlia?


È possibile pensare a una relazione sessuale fra padre e figlia che sia una forma d’amore e non una violenza?
Sara, sedici anni, è una ragazza difficile da definire: è una ragazza sola, che vive in una famiglia costruita sull’apparenza e sulla menzogna. Daniela, la madre, è concentrata sul fallimento del suo matrimonio, e avverte la figlia come ostile, nemica. Sara cerca conforto nel padre, Fabrizio. Quello che c’è tra loro è un rapporto ambiguo, inconsapevolmente malizioso. Fanno la doccia insieme, dormono nello stesso letto, si spogliano senza inibizioni. Quando Fabrizio lascia la famiglia per andare a vivere da solo, spinto da una collega di lavoro con la quale da tempo ha un rapporto extraconiugale, Daniela annega il dolore nell’alcol e nella violenza psicologica nei confronti della figlia. Sara si allontana da lei e rifiuta di vedere il padre, da cui si sente tradita.
Dopo un violento litigio, Daniela rievoca alla figlia i momenti che aveva seppellito nella memoria, e che obbligano Sara a ricordare gli abusi sessuali subiti da bambina...
Copertina di Luca De Luise.


 Sara Durantini
Sara Durantini è nata nel 1984 in un paese della provincia di Mantova. Si è laureata in Lettere all’università di Parma. Questo è il suo primo libro.

Intervista all'autrice


Il romanzo ruota attorno a un tema molto forte, quello dei rapporti sessuali fra consanguinei. Non ci si aspetterebbe un tema del genere da una ragazza di vent’anni. Da dove nasce il desiderio di raccontare una storia così “diversa”?
A dire il vero non ho scelto io questo argomento ma è l’argomento che ha scelto me, quindi sarebbe meglio chiedersi: perché una storia così “diversa” mi si è incollata addosso? Ho fatto i conti con quello che c’era dentro di me e ho scritto questo libro. Certo, il tema è forte, ma tuttavia leggendo il romanzo si potrà capire che il rapporto che si crea fra Sara e Fabrizio è qualcosa di tenero e naturale che non si distingue dall’amore. Ma non l’amore filiale, che unisce generalmente il padre ai propri figli, io parlo dell’amore che unisce due amanti…

Fin dall’inizio del romanzo il rapporto che lega padre e figlia appare ambiguo, a volte morboso. I due sono abituati a dormire e a fare la doccia insieme, come se per loro la condivisione di questi momenti di intimità fosse un fatto naturale. Pensi davvero che nella vita reale possa essere così?
In realtà nella vita quotidiana accade spesso che un padre trascorra momenti di intimità con i propri figli, in particolare con le figlie femmine. Non credo ci sia niente di scandaloso nel dormire con la propria figlia, o nel fare la doccia con lei, anche se talvolta gli interessati non hanno il coraggio di ammetterlo (mi riferisco soprattutto ai padri, visto che sono adulti e quindi si fanno carico di responsabilità che vengono scontate alle figlie) in quanto temono il giudizio della gente.

La protagonista del romanzo si chiama Sara, come te. Quanto c’è di autobiografico in quello che hai scritto?
Tutti quelli che scrivono hanno la tendenza a raccontare di sé, a scavare nel proprio intimo facendo emergere, a volte inconsciamente, paure e angosce che altrimenti resterebbero sepolte nella quotidianità. Come ho già detto, ho fatto i conti con quello che c’era dentro di me, anche se ciò non significa che il romanzo sia totalmente autobiografico.

Che tipo di pubblico credi che potrà riconoscersi nel tuo romanzo?
Credo che molte ragazze che cercano invano un rapporto con il proprio padre potranno riconoscersi in questo libro, ragazze alle quali la figura paterna è negata, ragazze che non hanno avuto modo di manifestare al proprio padre l’affetto e l’amore, ragazze che per questo non sanno che cosa voglia dire essere amate e che di conseguenza cercano questo amore in altre persone. Penso che anche molti padri di famiglia potrebbero appassionarsi a questo libro. Loro che molto spesso si negano alle proprie figlie, che sfuggono alle carezze, agli abbracci, al dialogo, preferendo costruirsi una vita lontano da casa, pensando che sia più facile vivere da soli. Ai padri che scappano dalla vita abituale e scontata della famiglia e cercano rifugio tra le braccia di una ragazza nella quale si riflette l’amore per la loro figlia, quella che sanno di avere ma che non guardano mai negli occhi.

Nel tuo romanzo, il rapporto d’amore che unirà padre e figlia non può certo essere definito “abominevole” o “innaturale”, ma al contrario è raccontato con tenerezza, come se fosse il punto d’arrivo di un percorso di avvicinamento. Pura finzione?
Anche nella realtà i rapporti che legano i padri alle proprie figlie muovono da un tipo di amore che si potrebbe benissimo paragonare a quello che si instaura tra due adulti. Il fatto è che nella maggior parte dei casi questo tipo di amore è platonico, e rimane tale. Tra Sara e Fabrizio invece cadono i pudori che tengono il loro legame ancorato alla sfera platonica. Molte ragazze si sono trovate nella stessa situazione di Sara, perché non aprire le porte al confronto, al dialogo? Perché “incesto” deve fare rima con “violenza”? Perché ci si deve vergognare di amare il proprio padre? Dov’è la perversione se si tratta di amore?

Il tuo è anche un romanzo sugli abusi famigliari, sulle violenze sessuali consumate fra le mura di casa. Che legame c’è fra queste violenze e il rapporto amoroso che la protagonista instaura con il padre?
Si tratta di violenze sessuali che coinvolgono le donne della famiglia, prima la madre e più tardi la protagonista stessa del romanzo. Mentre per la madre il ricordo della violenza sessuale subita è qualcosa di nitido e concreto, tale da sviluppare sensi di colpa così profondi da obbligarla al silenzio anche nei confronti del marito, per Sara la violenza è un ricordo nebuloso, fatto di sensazioni, odori, impressioni che si materializzano nei sogni che quotidianamente la perseguitano. Ma questa non è l’unica violenza che Sara subisce. Sara vede la madre come un ostacolo alla sua felicità, a quella libertà che le viene continuamente negata, e tutto ciò non fa che aumentare la distanza tra loro. Le violenze fisiche e psicologiche che fanno da sfondo al rapporto amoroso tra Sara e il padre apparentemente non hanno nessun legame con questo rapporto. In realtà si inseriscono in quell’atmosfera ambigua, fatta di malizia, erotismo, smania amorosa, nella quale Sara tenta disperatamente di crescere, distinguendosi dalle ragazze della sua età. Per sfuggire all’indifferenza della madre e delle persone con le quali cerca di avere una relazione, Sara si rifugia tra le braccia del padre, l’unico che non la giudica, che non la rifiuta, ma soprattutto l’unico che le può dare quell’amore di cui ha bisogno.

Rassegna stampa

  • Un coraggioso romanzo ribalta il tabù dell'incesto tra padre e figlia. L'esordio sconcertante di Sara Durantini (David Fisoli, «Il Tirreno», maggio 2007)
    È possibile pensare a una relazione sessuale fra padre e figlia che sia una forma d’amore e non una violenza? Sara, sedici anni, è una ragazza difficile da definire. È una ragazza sola, che vive in una famiglia costruita sulla menzogna. Daniela, la madre di Sara, è concentrata sul fallimento del suo matrimonio, e avverte la figlia come ostile, nemica. Sara cerca conforto nel padre, Fabrizio. Quello che c’è tra loro è un rapporto teneramente ambiguo: fanno la doccia insieme, dormono nello stesso letto, si spogliano senza inibizioni. Quando Fabrizio lascia la famiglia per andare a vivere da solo, spinto da una collega di lavoro con la quale da tempo ha una relazione, Daniela annega il dolore nell’alcol e se la prende con la figlia. Sara si allontana ancora di più da lei, e rifiuta di vedere il padre da cui si sente tradita. Dopo un violento litigio, la rivelazione: Daniela in poche frasi rievoca i momenti che Sara aveva seppellito nella sua memoria. Si rivede nel letto dei suoi genitori mentre suo nonno abusa di lei, come aveva fatto molti anni prima con sua figlia, Daniela. Allora Sara fugge, va a vivere a casa dell'amica Barbara, cerca in altri uomini una tenerezza che non ha più. Ma Fabrizio, suo padre, è l’unico uomo su cui si sente di poter contare. L’uomo che ha amato fin da quando era bambina. Sara decide di trasferirsi a casa di Fabrizio. La casa è vuota, ci sono solo i loro corpi e la voglia di ritrovarsi uno di fronte all’altro, un uomo e una donna. Il romanzo d'esordio di Sara Durantini è insolitamente tenero per l'argomento che affronta: indulgente nei confronti di un tabù come l'incesto, radicatissimo nelle civiltà occidentale. Questo coraggio compensa qualche dubbio sulla verosimiglianza di una trama che tuttavia avvince e scava dubbi nel lettore. Ma Sara Durantini afferma in un'intervista: “Non credo ci sia niente di scandaloso nel dormire con la propria figlia, o nel fare la doccia con lei, anche se talvolta non si ha il coraggio di ammetterlo per paura del giudizio della gente”. Così Sara Durantini nega che 'incesto' faccia necessariamente rima con 'violenza', e contrappone l'abuso del nonno con la tenerezza del padre: “Perché ci si deve vergognare di amare il proprio padre? Dov’è la perversione se si tratta di amore?”. Ma è davvero minato il terreno su cui ci si addentra con queste domande che alla Durantini devono apparire retoriche. Limitiamoci a constatare che il suo romanzo è un libro coraggioso oltre che ben scritto, e pone dubbi legittimi che meriterebbero un'approfondita discussione.

  • Non voglio diventare la nuova Melissa P. (Emanuele Salvato, «La voce di Mantova», 18 maggio 2007)
    Nessun tema è volgare se trattato nel modo giusto. Il romanzo è rivolto alle ragazze senza una figura paterna. Può l’amore tra un padre e una figlia spingersi oltre le barriere del lecito senza, per questo, indignare o scadere nella volgarità? Secondo Sara Durantini, giovane scrittrice mantovana di San Martino dall’Argine, sì. Nel suo primo libro, Nel nome del padre pubblicato dalla casa editrice ravennate Fernandel, Sara affronta proprio questo argomento senza falsi pudori e con un certo romanticismo di fondo che accompagna tutte le pagine del romanzo.

    La domanda che sorge spontanea è come mai una ragazza così giovane (Sara è nata nell’84, ndr) ha deciso di affrontare un tema così difficile come l’incesto…
    In un certo senso ho ripreso una mia esperienza personale. Meglio precisare, però. I miei genitori si sono separati quando io avevo cinque anni e da allora il mio rapporto con mio padre si è, praticamente, azzerato. La figura paterna è diventata un miraggio per me e, allo stesso tempo, la mancanza di mio padre mi ha provocato anche problemi relazionali con l’altro sesso. In certo senso è come se in questo romanzo avessi trasfigurato la mancanza del rapporto con mio padre estremizzandolo fino a inventarmi una relazione amorosa e carnale. Una relazione che però non scade mai nella volgarità grazie all’amore di cui è pervasa.

    Che reazioni hanno avuto i suoi genitori dopo aver letto questo libro?
    Mia madre, dopo un iniziale disorientamento e una comprensibile preoccupazione per il tema che ho trattato, mi sta appoggiando alla grande. Mio padre non l’ha ancora letto e quando mi chiamerà gliene parlerò.

    Vuole diventare la nuova Melissa P. (autrice del libro scandalo Cento colpi di spazzola, ndr)?
    No. Il mio desiderio non è scandalizzare ma affrontare i temi anche quelli forti. Non a caso sto già scrivendo un altro romanzo dal forte impatto sociale, ma non voglio dire di più, per ora.

  • Un’opera prima intensa e disturbante («Il Secolo XIX», 25 giugno 2007)
    Fino a dove può spingersi la liceità dell’amore, soprattutto se in gioco sono il sesso tra un padre e una figlia? Un’autrice esordiente, Sara Durantini (classe 1984) racconta un intreccio complesso di solitudine, dolore e bisogno di amore con al centro Sara, figlia di una coppia in crisi e la sua iniziazione sessuale di adolescente a opera dell’uomo che l’ha messa la mondo. Un’opera prima intensa e disturbante.

  • Un tema difficile per un’opera prima riuscita (Massimiliano Panarari, «Repubblica», 30 giugno 2007)
    Un tema difficile per un’opera prima riuscita. Per il suo debutto – “Nel nome del padre” (Fernandel) - l’esordiente Sara Durantini (classe 1984) ha scelto una materia che, tra parole esplicite e molto detto non detto, sfiora lo scabroso. Protagonista del romanzo è Sara, una sedicenne solitaria, con una famiglia segnata dal matrimonio fallito tra Daniela (segnata da un passato di violenze e repressione) e Fabrizio travolto dalla passione per l’amante. Il padre diventa per Sara l’essenza dell’Uomo, desiderato anche fisicamente (tra docce e letti condivisi) non sappiamo fino a che punto. Incesto ricercato dai protagonisti, oppure no? Una giovane scrittrice per la storia dell’iniziazione sessuale di un’adolescente in cerca dell’amore (senza retorica alla Liala).

  • L'amore strano di un padre per una figlia (Marcello D'Alessandra, «Stilos», 10 luglio 2007)


  • Temi difficili affrontati con grazia (Daniela Liucci, «Mia Magazine», settembre 2007)
    Un padre, Fabrizio, e una figlia sedicenne, Sara, ingabbiati in un amore che va oltre il rapporto padre-figlia, sulle ceneri di una famiglia costruita sull’apparenza e sulla menzogna. La giovanissima Sara Durantini esordisce con un romanzo che affronta temi difficili, come abusi, incesto e innocenza perduta, ma lo fa con grazia e un misto di ingenuità e levità.

  • Il suo pregio sta nel riuscire a raccontare una storia senza scadere nel gratuito (Sergio Rotino, «Il domani», 25 settembre 2007)
    Potrebbe finire sugli scaffali con romanzi dalle forti connotazioni sessuali sfornati da donne giovani e giovanissime in questi ultimi anni, l’esordio della mantovana Sara Durantini. In effetti, il rischio di essere infilato nella marea montante di testi senza arte né parte, scritti da ninfette pronte a dichiarare il loro santacrociano approccio al connubio “sesso e dolore”, In nome del padre lo corre, e tanto. Vuoi per il tema scabroso, vuoi per l’età dell’autrice. Soprattutto per il tema, che affronta uno dei massimi tabù rintracciabile in tutte le civiltà del pianeta: l’incesto. Durantini lo propone ribaltandolo nel segno, ponendolo cioè nella prospettiva dell’innamoramento e non in quella della violenza sessuale. Una bella capriola che l’autrice ventitreenne riesce a sostenere abbastanza bene, non tanto nella tesi (faccenda però tutta ascrivibile all’etica e alla morale di ogni lettore) quanto nello stile con cui viene proposto il tema. Uno stile narrativo ancora acerbo – e lo si nota specialmente nei dialoghi, troppo legati a un dettato televisivo e di quando in quando didascalici, come pure nell’inserimento della voce fuoricampo del narratore, non perfettamente calibrata – ma di già attento alle sfumature psicologiche dei personaggi, al loro evolversi, e accorto nel rendere in modo il più sobrio possibile l’avvicinamento intimo fra padre e figlia. Così facendo il romanzo, edito dalla ravennate Fernandel, prova ad aggirare le tante storie che, pur di colpire il lettore, si appropriano del vasto bagaglio di turpitudini e situazioni da bassa macelleria. Sempre a livello stilistico Durantini cerca di far suoi gli insegnamenti fra loro contrastanti di autrici quali Amelie Nothomb, Isabella Santacroce e la prima Dacia Maraini, per quanto a nostro avviso il romanzo sembri pescare in quella zona di confine fra il “rosa” e il melodramma, tanto che nelle pagine scritte da Durantini si potrebbero leggere riferimenti – involontari o non totalmente esplicitati – a certe pellicole matarazziane degli anni Cinquanta, ma alleggeriti dalle “catene” della retorica narrativa dell’epoca. E riferimenti ci potrebbero essere con il fotoromanzo – genere popolar-narrativo molto diffuso fino a un paio di decenni addietro – per la scansione degli avvenimenti, oltre che per come viene a dipanarsi la storia. Ma Nel nome del padre, che non appare come una testimonianza di nuovo femminismo, per quanto Sara, la protagonista, affermi una presa di coscienza della propria sessualità, sembra rifarsi prima di tutto a certo romanzo borghese di fine Ottocento, e al dramma da camera, di cui riprende gli assunti base. Qualunque siano però i veri riferimenti stilistici de Nel nome del padre, il suo pregio sta nel riuscire a raccontare una storia senza scadere nel gratuito. Cosa non tanto scontata fra i nostri giovani narratori.

  • Un altro colpaccio della ravennate Fernandel (Ilaria L. Silvuni, «Mania Magazine», ottobre 2007)