Stefano Fabbri, Viserbella Outliners


Viserbella Outliners
Pagine: 128
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: 1 dicembre 1997

Una notte allo Slego, il mitico locale della riviera romagnola

La storia di una notte trascorsa senza freni nelle zone del divertimento a tutti i costi, fra droga, alcool, violenza e sesso. La carambola degli avvenimenti è dettata da un velocissimo ritmo cinematografico, scandito da un linguaggio gergale e da una sintassi assolutamente disinibita. Viserbella Outliners getta una luce sprezzante e ironica sul modo di affrontare le tematiche sociali - dalla droga al sesso, dalla politica all'amicizia - da parte dei giovani degli anni Novanta.

Stefano Fabbri Stefano Fabbri all'epoca di Viserbella Outliners
Stefano Fabbri (1971) vive a Ravenna; laureato in Lettere moderne all'Università di Bologna con una tesi sul rapporto tra il cinema e la letteratura, ha collaborato a diverse riviste di narrativa. Un suo saggio su tecniche cinematografiche di scrittura è uscito nel volume antologico Patchwork II (Il Castoro, 1998). Si occupa di web design.

Come inizia


- Noi facciamo prima un giro.
- Ah, va bene... Rita e io entriamo. Ci vediamo dentro.
- Sì, ci sbrighiamo.
- Ma dove vanno? Perché non entrano con noi...
- Lascia perdere, adesso arrivano. Lascia che facciano, vanno a...
- Arriviamo subito.
- Non preoccupatevi.
- Subito.
- Va bene, va bene. Ciao.
- Ciao.
- Ciao. - ... ciao.
Scantonano alla prima a destra che è ancora piena di macchine parcheggiate e guardano con disprezzo un Mercedes station. Cheppalle quella Rita - ma no, è solo un po’ così, nel suo mondo - le ci vorrebbe una sveglia, di quelle come dico io - eccolo e’ mì sburòn - dài, dove ci mettiamo? Una a sinistra e poi ancora a destra. Nella parte che rimane tra il lungomare coi lampioni ottocento e la ferrovia, Viserbella è una griglia. Una griglia fottuta che non ci si può perdere. Che non ci si perderebbe nemmeno un cieco dentro a uno scafandro con i Pantera a tutto volume. Arrivano ai bordi di quello che sembra un campo incolto, ma recintato, con l’erba alta e pregna di civiltà di scarico.
Sopra, una luna di sbieco. Mezza. Fintissima in un cielo uniforme da sfondo preparatorio. Perimetrizzano un lato con l’erba che scancella dalla recinzione e vanno a fermarsi sotto un grosso albero autunnale, con la luna che s’impiglia tra i rami.
BITTA: - Ma dove cazzo siamo?
GIOVANNI: - Lì c’è la ferrovia e seguendo da quella parte c’è lo Slego. E quello laggiù è il lungomare. [...]