Gianfranco Mammi, Uomini senza Mercedes


Uomini senza Mercedes
Pagine: 128
Isbn: 9788887433296
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: ottobre 2002


Vventicinque episodi di vita emiliana che presentano caratteristiche e tipi umani di una regione già di per sé particolare, trasfigurati dalla personalità vagamente allucinata del protagonista - che per puro caso porta lo stesso cognome dell'autore. Non è però il punto di vista provinciale o regionale ciò che prevale in questa comica carrellata di fatti e personaggi spiazzanti (come l'adozione a distanza di un maiale o il cileno dalla vescica debole), bensì lo sguardo universalmente perplesso di chi vive una realtà insondabile come quella odierna.
La narrazione di Mammi, in linea con tutta una generazione di scrittori, ha un intercalare che è molto vicino a quello del racconto orale; il ritmo della narrazione incalzante e il linguaggio atipico, sempre gustosamente "sopra le righe", fanno di quest'opera d'esordio una piccola scoperta che va ben oltre la semplice emilianità e l'entusiasmo del raccontare. Un libro che si legge volentieri per freschezza e ironia, caparbiamente cresciute attorno a un nocciolo di attenta umanità.
In copertina: collage di Marco Mercanti.

Gianfranco Mammi
Gianfranco Mammi è nato a Caracas (Venezuela) nel 1957, ma ha quasi sempre abitato a Modena, dove vive e lavora. Uomini senza Mercedes è il suo esordio in prosa, dopo varie esperienze nel campo della poesia e della pittura. Nel 2005 per l'editore Traven books ha pubblicato la raccolta A perdere si fa meno fatica. Storia delle mie disgrazie, a cui sono seguiti I cani di Bucarest (Alpha & Beta, 2010), Brevi dal Nord (QuiEdit, 2012).

Come inizia


Se a un ipotetico gatto spaccate tutte le vibrisse in un colpo solo, gli fate lo stesso piacere che fate a me se mi telefonate a casa verso le due del pomeriggio. Tutti quanti sanno che io, a quell'ora, sono molto impegnato in una più che ragionevole e a volte strameritata pennichella; solo le banche sembrano ignorare questo importantissimo dato di fatto - proprio loro che di solito sono così bene informate su qualsiasi argomento degno di nota. Un giorno che stavo sognando che ero una sequoia (vita lunga e tranquilla, in generale, quella delle sequoie), di colpo mi sento squassare fin nelle radici più profonde da un ruggito feroce e disumano - che ogni tanto mi dimentico di staccare la cornetta prima di svenire sull'ottomana; e insisteva, quella bestia del telefono, e scoreggiava al mondo intero i suoi barriti da tromba del giudizio universale e non c'era verso di tacitare quel cataclisma cosmico. Era talmente insistente che a un certo punto mi sono persino spaventato.
«Vuoi vedere che è successo qualcosa di grave?» pensavo. «Che mio fratello si sia tagliata la testa con la motosega?» mi sono detto, poiché proprio in quel periodo mio fratello stava sfoltendo il bosco ceduo dietro la casa del nonno, su in montagna. «Che mia cognata si sia decespugliata un piede?» mi chiedevo ancora - che lei ama il decespugliatore al di là di ogni possibile immaginazione.
Niente. Il muggito terrificante non cessa ancora. A questo punto decido di affrontare di petto quella tempesta acustica e striscio come una medusa verso la mensola del telefono. Chissà che cos'è successo. Chissà a chi è che è successo che cosa, continuo a chiedermi in preda all'angoscia. [...]