Marco Pedone, GRI. Galvanoplastiche Ramature Imola


GRI. Galvanoplastiche Ramature Imola
Pagine: 128
Isbn: 9788887433500
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: settembre 2004


«Ci sono cose che restano, altre che tornano, altre ancora che non sono come sembrano»

Meridione d’Italia, anni Sessanta: la storia dell’emigrazione del contadino-filosofo Pippi nel racconto di Mimmo Abatangelo, impresario di pompe funebri. Sullo sfondo la Svezia, dove Pippi lavora in una fabbrica di frigoriferi, e il paese del sud – dove Linda è rimasta a vendere sigarette di contrabbando – con le sue chiacchiere e i suoi personaggi talmente felliniani da risultare archetipici.
Tutto il romanzo è un percorso d’avvicinamento alla propria terra d’origine, dalla quale affiorano le tracce di un lontano delitto che si mescola all’odore del pane, all’amore per Linda, al sapore delle Nazionali senza filtro.
La storia è costruita intorno a un omicidio che narrativamente non è mai il punto centrale della vicenda, e che ruota intorno a un sud inteso come condizione mentale prima ancora che come connotazione geografica. Un romanzo che svela una coralità di voci e personaggi poetici, comici e malinconici: Pippi, Linda, Sarino Manimuzzi, il signor Sepp, sono figure sopravvissute a un’epica quotidiana, al tempo stesso mitiche e forti di una dimensione realistica che li rende autentici e difficili da dimenticare.
Marco Pedone è nato nel 1957 a Roma. Ha pubblicato poesie, saggi e racconti in riviste e volumi antologici. Questo è il suo primo romanzo. Nel 2009 per le Edizioni Creativa ha pubblicato L'uomo che si guarda la mano.

Come inizia


Il giorno che Tore, il postino, le consegnò una busta di banconote più gonfia delle precedenti, Linda non si fece molte domande. Sistemò i soldi nell'armadio tra la biancheria e il fucile di Pippi e alle undici in punto era seduta sulla poltrona di bambù, in giardino, con le stecche di marlboro in grembo.
Linda e Pippi chiamavano giardino quello che in realtà era poco più di un orto col pollaio. Vi si accedeva solo dall'esterno, da una porticina giusto a fianco della soglia di casa. Pippi diceva che era l'ufficio personale di Linda, non tanto per il contrabbando che lei aveva voluto sempre per sé, quanto perché a Linda piaceva scorticare i fumatori maschi del paese, fargli sentire addosso la puzza delle mogli quando venivano nel giardino a rifornirsi di bionde.
Per prima cosa, quella mattina Linda era andata a controllare la nidiata del corvo. Quando aveva sollevato il coperchio dellu scarfaliettu, uno scaldaletto a brace che non serviva più da che Pippi aveva comprato la stufa, i becchi microscopici dei piccoli s'erano messi a strepitare andando su e giù come i pistoni della tromba di Rafele. Linda teneva coperto il nido, la notte, perché una volta aveva sentito il lamento della cuccuacia. Non aveva pensato alle disgrazie, né le erano venute in mente filastrocche di scongiuri. Non ne sapeva neanche una. S'era solo ricordata che le civette sono animali vigliacchi che ammazzano i cuccioli ma anche abbastanza stupidi da fuggire davanti alla propria immagine riflessa. Così aveva lucidato col Sidol il coperchio dellu scarfaliettu e la civetta non s'era fatta più vedere.

Rassegna stampa

  • «Un'interessante ricerca sul linguaggio» (Pasquale Bottone, Iltempodileggere.com, 29 ottobre 2004)

  • Segnalazione su l'Unità (2 novembre 2004)

  • Segnalazione su «Lo Specchio» de «La Stampa» (Emilio Pucci, 27 novembre 2004)

  • «Non dimenticare il Sud, ma raccontarlo» (Elio Paoloni, «Corriere del Mezzogiorno», 19 gennaio 2005)

  • «Il monogramma enigmatico di un'inesistente fabbrica di pezzi di ricambio» (Lucia Grasso, «Drome Magazine», marzo 2005)

  • «C’è un paese a sud del sud, verso il confine» (Antonio Errico, «Apulia», settembre 2005)

  • «Mio padre ha una Morini 350» (Roberta Ravicchio, «LabelMag», inverno 2005)