Stefano Mellini, Stella Rossa


Stella Rossa
Pagine: 128
Isbn: 9788887433647
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: marzo 2006


La storia di un riscatto che parte dal pallone

Stella Rossa è la squadra di calcio di un quartiere popolare, una squadra perdente, di terza e ultima categoria. Sul campo da calcio i ragazzi della Stella Rossa giocano ogni domenica per dimenticare da dove vengono: quella periferia rabbiosa in cui le loro vite si snodano ai margini della legalità, fra carcere, droga e risse di quartiere. Ma a metà di un campionato nel quale Stella Rossa comincia sorprendentemente a vincere, ad Hamir, immigrato marocchino e leader della squadra, non viene rinnovato il permesso di soggiorno. Durante un controllo, il ragazzo viene rinchiuso nel Centro di permanenza temporanea della città. Alcuni dei componenti della squadra decidono allora di liberarlo con la forza, e sarà questa per Stella Rossa la vera occasione di riscatto.
Copertina di Bruno Mattioli.
Stefano Mellini è nato a Ravenna ma vive a Bologna. Per lavoro si occupa di marginalità, tossicodipendenza e immigrazione clandestina. Stella Rossa è il suo secondo romanzo, dopo l’esordio con Sorrisi di cartone (Fernandel, 2003), vincitore della prima edizione del concorso letterario Opera prima città di Ravenna. Nel 2014 per Italic ha pubblicato il romanzo Bologna ovest.

La dedica dell'autore in apertura al libro:


LE PAROLE SONO DI TUTTI, ANCHE SE LE USANO IN POCHI. A NOI RESTA LA RABBIA E QUESTI MURI SCROSTATI

È il testo di una scritta che compariva nel mio quartiere.
Spero di essere riuscito a imprigionare in queste pagine un po’ della rabbia che ho rubato da quel muro. Perché col tempo ho imparato che la rabbia è un sentimento nobile, di gran lunga superiore all’indifferenza, all’ipocrisia, all’egoismo.

Rassegna stampa

  • «Osare fino all’ultimo e commuovere davvero in un finale senza rassicurazioni» (Teo Lorini, «Pulp», marzo 2006)
    Una manciata di palazzoni popolari vicino al porto, una famiglia disgregata fra le cui macerie solo la sorellina Bianca si muove con precaria spensieratezza, il lavoro da operaio a cui aggrapparsi con tutte le forze perché ogni giorno sull’impalcatura è un passo in più lontano dal carcere: la vita per Rocco è tutta qui. Anche Stella Rossa, la squadretta di quartiere, che dà il titolo all’esordio del 36enne Stefano Mellini, è solo un’abitudine, un modo come un altro per passare la domenica per sfogare in qualche modo la rabbia e sognare in un dribbling ben riuscito quella fuga che non arriverà mai. D’un tratto, quasi senza ragione, Stella Rossa comincia a vincere. Sarà qualche coincidenza fortunata, sarà che Hamir, l’attaccante immigrato dal Marocco, non ha mai giocato così bene, però adesso, quando la squadraccia malfamata arriva nei campi delle teste di serie sul vecchio Bedford catarroso, non ci sono più le solite occhiate di compatimento. Qualche vittoria, uno sguardo diverso, “un piccolo scatto della ruota”, a ragazzi come Rocco basta poco perché la vita sembri meno difficile. E così, quando Hamir viene arrestato e portato al centro di permanenza temporanea e il fratello di Rocco deve scappare per uno stupido sgarbo al boss locale, il senso d’impotenza torna più feroce di prima, e con lui una rabbia che stavolta non si riesce più a inghiottire.
    Calcio, emarginazione, disagio, immigrazione, violenza: sono molti gli elementi che Stefano Mellini è riuscito a condensare in un romanzo potente e sincero che ce li fa sembrare tutti miracolosamente nuovi. Stella Rossa impressiona e turba proprio per la sua capacità di evitare costantemente le trappole del patetismo e del già sentito, e per la misura con cui erode e asciuga episodi, osservazioni, sentimenti, fino a restituirne l’essenza nuda e autentica. Sobrio e insieme onesto, Stella Rossa può allora prendersi il rischio di osare fino all’ultimo e di commuovere davvero in un finale senza rassicurazioni, giocato tutto col cuore, come solo le squadre vincenti sanno fare.

  • «“Stella Rossa”: la storia di un riscatto che parte da un pallone» (Alessandro Gigante, «La voce di Romagna», 10 marzo 2006)
    Un libro sulla rabbia, sullo sport e sull'immigrazione. Potrebbe essere semplicemente definito così Stella Rossa, il nuovo libro di Stefano Mellini che sarà presentato al pubblico stasera alle 20.30 alla libreria Feltrinelli in via IV novembre. Dietro al secondo libro dell'ex vincitore del premio “Opera Prima” di Ravenna (con Sorrisi di Cartone del 2003) però c'è molto di più. Stella Rossa infatti è il nome di una squa­dra di calcio di un quartiere popolare, di ultima categoria. Una squadra di calcio come tante, ma anche la sola valvola di sfogo di ragazzi provenienti da una peri­feria rabbiosa sempre ai margini della legalità, tra carcere, droga e il rispetto conquistato coi pugni nel proprio quar­tiere. Ma a metà di un campionato in cui sorprendentemente la squadra inizia a inanellare successi, avviene la svolta. Ad Hamir, immigrato, marocchino e leader della squadra non viene rinnovato il permesso di soggiorno. Durante un control­lo infatti il ragazzo viene preso e richiuso nel centro di permanenza temporanea della città. Alcuni dei suoi compagni decidono allora di liberarlo con la forza, e sarà questa per la squadra e per i suoi componenti la vera occasione di riscatto. Stella Rossa è una storia che prende spunto dalla vita del suo autore, cresciuto nelle periferie ravennati degli anni '80. "In un certo senso racconta l'autore lo definisco un debito saldato con venti anni di ritardo. Perché Stella Rossa è un po' sia il posto dove sono nato sia quello dove lavoro adesso, facendo il medico di strada nelle periferie di Bologna. Qui la rabbia domina, ma è un sentimento posi­tivo, quasi nobile rispetto a quelli che la circondano come indifferenza, rabbia e opportunismo. La periferia è sempre a metà tra il disagio di vivere e la speranza di risollevarsi. A questa ho aggiunto le altre cose che ho conosciuto dopo, come le realtà dei Cpt di cui tanto si parla adesso. Dentro a questi posti ho cono­sciuto gente che come unico conforto e ricchezza aveva solo la propria storia, e scrivendo questo libro ho sempre avuto paura di rubare anche una parte della loro" Il libro è edito da Fernandel e sarà in vendita nelle librerie al prezzo di 12 euro.

  • «Un romanzo che parla di emarginazione e di rabbia. L’autore: “un debito saldato con vent’anni di ritardo”» (Roberto Artioli, «Corriere di Ravenna», 10 marzo 2006)
    La “Stella Rossa” non è più soltanto una squadra di quartiere degli anni Settanta sorta a pochi passi da via Tommaso Gulli, e di cui forse alcuni ravennati si ricorderanno ancora, ma rappresenta anche il titolo del nuovo romanzo di Stefano Mellini. Dopo il fortunato esordio con “Sorrisi di cartone”, vincitore dell'edizione inaugurale del premio Opera Prima Città di Ravenna, Mellini ha terminato il suo secondo libro che verrà presentato al pubblico questa sera, alle 20,30, alla Libreria Feltrinelli, in via IV Novembre a Ravenna. Ambientato in una città e in una periferia non meglio identificata, ma che assomiglia molto a Ravenna, “Stella Rossa spiega l'autore è un debito saldato con vent'anni di ritardo. È sia il posto dove sono nato sia, almeno in parte, il mio ambiente di lavoro Due luoghi diversi ma certi volte così simili da confondersi. Stella Rossa è, però, anche la rabbia, una rabbia di periferia, un urlo filtrato dalla porta di una casa popolare...”
    Il romanzo è ambientato ai giorni nostri e racconta di una squadra di calcio di un quartiere popolare: “Una squadra perdente, di terza e ultima categoria. Sul terreno di gioco i ragazzi della Stella Rossa ogni domenica cercano di dimenticare da dove vengono: quella periferia rabbiosa in cui le loro vite si snodano ai margini della legalità, tra carcere e risse di quartiere. Ma a metà di un campionato nel quale la Stella Rossa comincia sorprendentemente a vincere, ad Hamir immigrato marocchino e leader della squadra, non viene rinnovato il permesso di soggiorno”. Mellini è nato a Ravenna ma vive a Bologna dove per lavoro si occupa di marginalità, tossicodipendenza e immigrazione clandestina: “Da circa 34 anni sottolinea Mellini il mio lavoro mi ha portato a stretto contatto con clochard, tossicodipendenti e altre vittime dell'emarginazione. Ma il mio è un romanzo di pura invenzione. I personaggi sono talmente inventati che li vedo quasi reali; nessuno dei miei personaggi è qualcuno che ho incontrato nel mio lavoro. Sono ambiti che voglio tenere separati e non mi sarei mai perdonato se avessi scippato a queste persone l'unica cosa che veramente possiedono: le loro esperienze di vita”.
    Oltre ad essere “medico di strada”, Mellini è dunque anche scrittore di talento. Ad esserne convinto è in primis Giorgio Pozzi, l'editore di Fernandel: “Rispetto alla sua prima opera, Mellini ha compiuto un deciso salto di qualità. Il libro parla di calcio giocato ma anche di periferie di città e di immigrazione. Il tutto con uno stile che trasmette grande energia”.

  • «Pagina dopo pagina la rabbia di Rocco la sentiamo montare dentro» (Michele Barbolini, ilcritico.com, 17 marzo 2006)
    Nelle scuole di scrittura una delle prime cose che si insegna è a lavorare di sottrazione, a far emergere, a forza di limature e tagli, la sostanza viva del romanzo, affogare la maggior parte dell’iceberg e far emergere solo la punta, secondo un principio caro ad Hemingway e agli scrittori di short stories d’oltre oceano. E se il celebre autore americano viene spesso portato come esempio di tale labor limae per i suoi racconti magistrali, Stefano Mellini, con questa sua seconda prova ci mostra un romanzo esemplare, nelle cui 124 pagine sta tutta una storia, senza una parola di troppo, senza un tassello fuori posto. La storia è quella di Stella Rossa, la squadra di calcio di un piccolo quartiere senza speranza, un quartiere dove in ferramenta si va a comprare la droga, dove tutti almeno una volta sono stati in prigione, e dove si muore di eroina ai bordi di una strada, tra palazzoni di cemento e grattaceli fatiscenti. Se nasci in un posto del genere poche cose possono salvarti, tra queste la rabbia “un sentimento nobile, di gran lunga superiore all’indifferenza, all’ipocrisia, all’egoismo”. Rocco, trent’anni passati, madre alcolizzata, padre scomparso, un fratello invischiato in giri delinquenziali dai quali non sa uscire, questa rabbia se la porta dentro tutti i giorni. Quando guarda sua madre annichilirsi con l’ennesima bottiglia di gin, quando pensa ai suoi amici caduti nell’eroina, quando pensa a Giada, forse il suo unico amore, falciato da una dose di troppo. Ma è soprattutto quando guarda Bianca, la sorellina che vive ancora in un mondo incantato dove alcool e droga non esistono, l’angelo dai capelli profumati che non smette di sorridere, che fa i compiti spostando dal tavolo le bottiglie vuote, unica traccia di una madre che non sa reagire. È fissando gli occhi di Bianca che Rocco sente qualcosa vibrargli dentro, e decide che almeno lei si può salvare, si deve salvare. E allora Rocco ci prova a cambiare vita. Esce da tutti i giri della mala locale, smette con la droga e l’alcool e si alza tutte le mattine per guadagnarsi su un’impalcatura ottocento euro al mese coi quali sa di non potersi permettere una vita migliore. Questo è Rocco. Poi ci sono Bisio, Bruco e gli altri del quartiere, insieme fin da piccoli, e la domenica c’è Stella Rossa, la squadra di calcio più scalcinata della città, perennemente sconfitta campionato dopo campionato, ma sempre lì, come valvola di sfogo. E questa volta le cose sembrano cambiare, Stella Rossa inizia a vincere, trainata dal marocchino Hamir, giovane immigrato col viso di un bambino, l’unico che ancora non si è arreso, che corre come una gazzella verso la porta avversaria. Vittoria dopo vittoria le tribune del campo sportivo iniziano a riempirsi, insieme a Bomba, lo storico custode della polisportiva, al maresciallo Sacco con la moglie vestita come una bomboniera, arrivano anche i vecchi del quartiere e qualche giovane. Il prato verde si trasforma allora in un’arena di riscatto dove lavare le macchie di una vita infame e le angosce quotidiane. Ma nel quartiere non c’è spazio per i sogni e sul più bello tutto scoppia come una bolla di sapone, per ricordare a tutti ancora una volta “che basta nascere all’indirizzo sbagliato, nelle ultime pagine del Tutto Città, o arrivare quaggiù da un barcone clandestino, e la tua sorte è segnata”. È sufficiente che un datore di lavoro si dimentichi di rinnovare le carte per un permesso di soggiorno e tutto si scioglie e riacquista il sapore amaro di sempre. Hamir viene rinchiuso in un Centro di Permanenza Temporanea in attesa di essere rimpatriato, chiuso dietro le sbarre come una animale preso in un safari. Hamir, l’unico del quartiere a non meritarsi di stare in gabbia. E la rabbia cresce, monta e rischia di esplodere. Rocco, Bisio, Bruco sono da tempo fuori dal giro, hanno cercato di tagliare i ponti col passato, mai più cazzate si sono detti. Ma c’è un limite, oltre non si può andare. Hamir deve uscire, in un modo o nell’altro bisogna liberarlo. Una volta rapinavano negozi, ora si tratta di violare la legge perché la legge è ingiusta e per amicizia, per un amico intrappolato come una bestia, si deve correre il rischio. Stefano Mellini racconta la sua storia con ritmi e modi cinematografici, non del cinema d’effetto, patetico o di genere, ma con l’occhio e la mano di un regista attento che sa mostrare con un’inquadratura rapida, con un dettaglio, i sentimenti e le tensioni dei suoi personaggi. Col procedere della narrazione la rabbia di Rocco cresce e trova giustificazione grazie a flash back brevi e rivelatori, inseriti nella narrazione con una tale fluidità da ridurre al minimo la percezione dello scarto narrativo. Ma un film non potrebbe mai rendere il piacere di una narrazione così attenta ed essenziale così sorvegliata e precisa. Leggendo le pagine di Stella Rossa viene in mente il ritratto del nordest di Massimo Carlotto in Arrivederci amore, ciao, unico altro esempio negli ultimi anni di un romanzo che sappia scavare fino al cuore della sua storia e della realtà in cui questa affonda con altrettanta tenacia e precisione, senza incertezze, senza scarti, dritto al centro del soggetto. Stella Rossa si legge in poche ore, pagina dopo pagina la rabbia di Rocco la sentiamo montare dentro, la sentiamo vibrare e quando il libro è finito rimane un tremito, e l’immagine di quella scritta comparsa un giorno su un muro del quartiere: LE PAROLE SONO DI TUTTI, ANCHE SE LE USANO IN POCHI. A NOI RESTA LA RABBIA E QUESTI MURI SCROSTATI.

  • «Una scrittura solida e affatto banale» (Fernando Pellerano, «Repubblica», 28 marzo 2006)
    Non il solito romanzetto sulla squadra di calcio amatoriale. No, quello del pallone sui campi infangati o polverosi è solo un pretesto. Dentro “Stella Rossa”, nome della squadra di periferia temute dai “fighetti”, popolata da ragazzi ruvidi che vivono in palazzoni grigi, fra motorini bruciati e cocci di vetro nel cortile, si nasconde una storia di sottile e permanente emarginazione e di immediata e impulsiva solidarietà: il pallone narrativo si avvita sulle vicende del numero 10 Hamir, un giovane marocchino il più “regolare” di tutti, il trascinatore in campo, che improvvisamente trovato col permesso di soggiorno scaduto viene sbattuto in CPTA, il centro di detenzione ed assistenza più simile a un carcere che a una struttura di smistamento e rimpatrio. Nessuno dei ragazzotti sa cos’è, eppure oltre l’ignoranza viaggerà la generosità. L’autore, il ravennate Stefano Mellini, ora a Bologna, racconta questa storia con piacevole crudezza. Una scrittura solida e affatto banale, riconosciuta con giustezza dai tipi di Fernandel.

  • «Mellini denuncia una realtà che sappiamo esserci e che, attraverso la lettura del romanzo, tocchiamo quasi con mano» (Anna De Lutiis, «Risveglio Duemila», 1 aprile 2006)
    Stefano Mellini è nato a Ravenna, ma vive a Bologna. E' al suo secondo romanzo dopo aver esordito partecipando e vincendo il Premio Opera Prima Città di Ravenna con Sorrisi di cartone. Stella Rossa è un romanzo coinvolgente in cui si sente la partecipazione vera dell'autore alle vicende che si annodano e si snodano nel libro, vicende che lui ha potuto analizzare proprio perché il suo lavoro (si occupa di marginalità, tossicodipendenza e immigrazione clandestina) lo porta a contatto con i problemi e la realtà dei giovani diseredati dei quartieri di periferia, dove si ritrovano a cercare il modo di scaricare la loro rabbia. Incontriamo un gruppo di giovani che conoscono ogni aspetto negativo della vita, dalla droga al furto, alla prigione all'alcol. Il loro cielo è proprio grigio e sembra che non debba aprirsi neppure uno spiraglio. Ma c'è una stella, la loro stella, la Stella Rossa, la piccola squadra di ultima categoria che riesce a scatenare il loro entusiasmo con un goal. Vincere una partita è quasi annullare, almeno per una sera, per un giorno, le sconfitte della vita, lo squallore delle abitazioni, l'inconsistenza della famiglia: senza padre, quella del protagonista; con una madre sempre e solo concentrata sulle sue bottiglie di gin; un fratello che è da sempre in fuga per evitare ritorsioni da gente di malavita dalla quale spesso si lascia coinvolgere; Bianca la sorellina. La piccola squadra di calcio, che non aveva mai vinto, comincia a riscattarsi grazie a un giovane immigrato, Hamir, il capitano di Stella Rossa, un giovane che sa calmare gli spiriti quando durante le partite ci sono dei tafferugli. "Non si sporca le mani, dice che Allah ci ha dato le mani per lavorare e pregare, non per picchiare". Le vittorie della squadra rappresentano il nuovo carburante per superare le difficoltà di ogni giorno, fino a quando Hamir viene prelevato e trattenuto in un centro dove vengono rinchiusi gli immigrati clandestini o con permesso scaduto. La gratitudine verso Hamir scatta da parte del gruppo dei giovani che decidono di liberarlo, pur sapendo bene di fare qualcosa che avrebbe provocato loro notevoli danni, Emerge, nelle menti confuse di questi giovani, dove il bene e il male si intersecano e spesso si confondono, l'elemento positivo dell'amicizia. Rocco, colui che narra gli eventi, vorrebbe non pensare alla sua famiglia ma non riesce a dimenticare la madre, occhi spenti e alcolista, il fratello, in fuga per evitare il peggio e Bianca, la sorellina che sorride sempre, la vera unica luce nello squallore degli ambienti e delle relazioni che lo trovano inevitabilmente coinvolto. Il lettore si schiera fin dalle prime battute in difesa di questo gruppo di giovani, pur non condividendo i loro comportamenti e il loro linguaggio che non può essere che sboccato (e come potrebbe essere altrimenti?). Condivide i loro tentativi per conquistare un piccolo posto dignitoso, uscendo dallo squallore e dalla miseria. Si rammarica quando li vede ricadere, impotenti, nel fango. Stefano Mellini denuncia una realtà che sappiamo esserci ma che, attraverso la lettura del romanzo, tocchiamo quasi con mano.

  • «L'avversario della Stella Rossa è il permesso di soggiorno» (Andrea Parodi, «Sport's Week», 15 aprile 2006)
    Stella Rossa è il nome di una squadra di quartiere che gioca in Terza categoria, su campi in cui i ragazzi cercano di dimenticare da dove vengono: quella periferia ruvida in cui le loro vite si snodano tra carcere, droga e rapine. Libro rabbioso quello di Stefano Mellini (forte della sua esperienza di medico nelle periferie di Bologna), che narra le peripezie di una formazione, che appena inizia a vincere, viene privata di uno dei suoi atleti: il giovane Hamir, marocchino e leader della squadra, che viene chiuso nel Centro di permanenza della città perché trovato senza permesso di soggiorno. Una volta i giocatori di Stella Rossa rapinavano negozi, oggi devono decidere se violare la legge per amicizia e per amore del calcio: la sfida da vincere è liberare il compagno.

  • «Stella rossa di periferia» (Ernesto Milanesi, «il Manifesto», 19 aprile 2006)
    Calcio di terza categoria, periferia mai inquadrata dallo show al centro dello schermo o del display. Squadretta abborracciata in un rione che sopravvive ai margini di tutto. Divise, spogliatoi, campo, furgoncino Bedford: tutto in sintonia con l'ostinazione di Bomba che archivia le generazioni delle pallonate. Il romanzo di Stefano Mellini (36 anni, ravennate trapiantato a Bologna che lavora nelle pieghe della società) restituisce al calcio la grandezza delle piccole squadre. E tira il pallone nel cuore della retorica, bucando però la rete dalla parte dei perdenti predestinati che domenica stoppano il destino e mandano in fuorigioco la loro vita di tutti i giorni.
    E' il calcio animato, se non fossero personaggi di crudo realismo in una storia che funziona per ogni città con il mare. Fin dal titolo, brilla un altro calcio dentro le pagine di Stella Rossa (Fernandel, pagine 124, euro 12). Letteratura che scalcia: sportivamente, la formazione di ragazzi alle prese con ben altri avversari dopo la doccia di fortuna. Mellini «allena» nelle pagine personaggi che rispecchiano gli abusi inevitabili, quando giocare diventa l'unico modo per non restare soli. Così manda in campo una squadra che prova a lasciare gli individui sull'orlo del rettangolo di «erba pettinata» da Bomba. E intreccia storie di droga, violenza, delinquenza con il campionato che rimarrà negli annali della Stella Rossa. E' calcio come quello «vero». Sudore, tacchetti, schemi, riti, tecnica, spogliatoio. Anche in terza categoria contano la partita, i risultati altrui e la sentenza della classifica. Stella Rossa però disputa il campionato per sputare la rabbia degli ultimi, degli sfigati, degli invisibili.
    Formazione-tipo dei balordi cresciuti in mezzo alle arnie di cemento, dove il miele si inietta e fa scoppiare le vene. Max impossibilitato a salvare un qualsiasi lavoro per più di due settimane: la pentola a pressione esplode. Bruco scarica casse di pesce: puzza, un po' come la sua fedina penale. Bisio ha un lavoro sicuro: becchino comunale con il quartiere che si tocca, salvo invidiare lo stipendio. Il protagonista si divide come può: madre alcolista e sorella innocente, cantiere edile e camera di casa. Stella Rossa diventa l'ultima brace di senso comune. Addirittura si rinfocola l'entusiasmo grazie a Hamir, marocchino con i piedi da campione e la testa sulle spalle. Tocca a lui dimostrare, sul campo, che nel calcio niente è scontato e tutto diventa possibile. Con lui in mezzo al campo, la stessa squadra di periferia arriva in testa al campionato. La magìa contagia presidente, allenatore, parroco, spettatori.
    Troppo bello per durare. L'arbitro fuori campo fischia la peggiore delle punizioni. Hamir non ha in tasca il permesso di soggiorno rinnovato. Il faro della Stella Rossa si spegne dentro il buio del Centro di permanenza temporaneo, la gabbia dei migranti da rispedire a casa. Saranno proprio i veri avanzi di galera a giocare la vera partita del riscatto. Stella Rossa senza Hamir decide di non fare un passo indietro. Prendono fiato, chiudono gli occhi e si buttano all'attacco: è un'altra la porta da violare insieme, un'altra la rete da segnare con il tronchese, un'altra la punizione da tirare nell'area illegale, un'altra la corsa liberatoria.
    «Si può scappare ovunque, oltre qualsiasi frontiera, fuori dalle sbarre, dentro la pancia di una nave, sopra metri di impalcature, ma quando pensi di essere in salvo arriva il colpo, ogni volta più duro, più pesante, più cattivo». Un'altra vita spezzata, perfino dopo la fuga vincente.
    Alla fine, Mellini rimette comunque il calcio. Con la gran voglia di giocare, nonostante tutto, per la maglia sbiadita della Stella Rossa. «Vi sembra assurdo?».

  • «Ti prende allo stomaco e ti lascia un po' di speranza» (quasirete.gazzetta.it, il blog de La gazzetta dello sport, 19 aprile 2006)
    Una periferia disperata, una banlieu all'italiana, una squadretta di terza categoria fatta di perdenti, nella vita e sul campo di gioco. Poi, all'improvviso, una stagione vincente che sembra cambiare il corso di una vita maledetta. E' Stella Rossa l'ultimo romanzo di Stefano Mellini, 36enne ravennate che si occupa di marginalità, tossicodipendenza e immigrazione, alla sua seconda opera dopo "Sorrisi di cartone".
    Un breve racconto che ti prende allo stomaco ma che in fondo ti lascia anche un po' di speranza, per quanto racchiusa nel rettangolo verde di un campo di calcio. Lo sport come occasione di riscatto o, almeno, come occasione per dimenticare la periferia maledetta dove si è stati costretti a crescere.

  • «Un romanzo ben scritto, che potrebbe essere ideale sceneggiatura per una pellicola del nuovo cinema d'autore italiano» (Pasquale Bottone, iltempodileggere.splinder.com)
    Mellini si era già fatto notare un paio di anni fa con il più che buono esordio di "Sorrisi di cartone" che si aggiudicò il Premio internazionale Città di Ravenna: conferma la favorevole impressione suscitata in precedenza, con un nuovo romanzo pieno di ritmo e di impegno civile ambientato in una realtà giovanile periferica e popolare fatta in gran parte di disagio e di emarginazione. Stella rossa è il nome della squadra di calcio del quartiere che negli anni rimane l'unico punto di riferimento riconosciuto da tutti, il simbolo di un possibile riscatto sociale, che allontani i più dal rischio di un contatto sempre più diretto e ravvicinato con l'illegalità. Dopo campionati passati ad occupare le ultime posizioni in classifica, ad un certo punto il motivato undici della stella rossa inanella una serie di sorprendenti vittorie ; il morale della compagine è alle stelle, quando avviene lo sgradevole imprevisto : il capitano e fuoriclasse della squadra, un immigrato marocchino di nome Hamir, al quale per oscuri motivi non viene rinnovato il permesso di soggiorno, è rinchiuso nel Centro di permanenza temporanea della città. La cosa non viene accettata da alcuni compagni di squadra, che non vogliono rinunciare al loro amico e leader di talento e che si danno subito da fare per liberarlo e per riscattare in tal modo un passato ed un presente di amarezze e di rinunce. Un romanzo ben scritto, che potrebbe essere ideale sceneggiatura per una riuscita pellicola del nuovo cinema d'autore italiano.

  • «Stella Rossa è un tributo alla rabbia». Intervista all'autore (Tullia Fabiani, railibro.it)
    “Stella Rossa è un tributo alla rabbia. Rabbia pura, istintuale, non politicizzata. Una sorta di urlo di periferia”.
    La storia di questo romanzo, in fondo, è tutta in una frase, ma lo si capisce chiaramente solo dopo averlo letto. All’inizio, nella pagina di solito riservata alle dediche o alle epigrafi, c’è scritto: “Le parole sono di tutti, anche se le usano in pochi. A noi resta la rabbia e questi muri scrostati” e pare una di quelle frasi a effetto che possono avere molto senso o nessuno e che restano indeterminate e sospese, a meno che qualcuno non ci aiuti a tirarle giù, dai fili delle categorie intellettuali, estetiche o espressive e a legarle alle pietre della strada quotidiana. In questo caso una mano ce la dà Stefano Mellini che legge quella scritta, la ‘stacca’ da un muro e la esplicita con fatti e personaggi e con un nome che diventa titolo: Stella Rossa. È il nome di una squadra di calcio di un quartiere popolare, una squadra perdente, di terza e ultima categoria. Sul campo i ragazzi della Stella Rossa giocano ogni domenica e per un po’, giusto le ore passate fuori e dentro gli spogliatoi, vivono distratti e distanti dai luoghi e dai ritmi in cui le loro vite si snodano ai margini della legalità, fra carcere, droga e risse. Sono ragazzi abituati a perdere sempre, a non credere nel cambiamento, nella vittoria, ma un giorno l’aria cambia: Stella Rossa comincia a vincere, soprattutto grazie al bravo Hamir immigrato, marocchino e leader della squadra; a quel punto ognuno di loro potrebbe immaginare anche una vita diversa e ‘normale’. Sennonché, durante un controllo, il ragazzo, col permesso di soggiorno scaduto, viene preso e rinchiuso nel centro di permanenza temporanea della città. Nell’animo dei suoi compagni cresce la rabbia, una ‘malattia’, come la definisce Hamir; alcuni di loro decidono di liberarlo con la forza, per cercare e ottenere una vera occasione di riscatto.

    D: La rabbia. Perché i personaggi di questa storia sembrano non potersi liberare da questa 'malattia'?
    R: In effetti Stella Rossa è un tributo alla rabbia. Rabbia pura, istintuale, non politicizzata. Il racconto vuole essere una sorta di urlo di periferia. Io stesso sono nato a Ravenna in un quartiere problematico, ho passato tutta l’adolescenza a prendere le distanze e a cercare di fuggire da quella rabbia che si muoveva intorno a me. Quando la fuga è riuscita (altra città, università, un lavoro socialmente riconosciuto...) mi sono guardato attorno e ho visto sentimenti molto più negativi di quella rabbia: indifferenza, ipocrisia, superficialità. A distanza di 20 anni ho quindi rivalutato questo sentimento, insieme alla sorpresa di non averlo mai perso del tutto.

    D: Quindi i riferimenti di “Stella Rossa” non sono del tutto casuali…
    R: Stella Rossa era una squadra di calcio realmente esistita negli anni Settanta nel mio quartiere. In quegli spogliatoi si mischiavano vite molto interessanti, intense e problematiche. Mi è sembrato uno spunto da non perdere.

    D: Anche per l’ambientazione: in che luoghi vivono questi ragazzi e come passano le giornate?
    R:Quartiere periferico, ai margini di qualsiasi città industriale. Giornate vuote, alla ricerca di qualche affare ai limiti della legge, scandite da birre al Bar di Betto e droga per alcuni. Lavori mal retribuiti e duri per altri. La domenica.. be’ la domenica c’è Stella Rossa.

    D: Il calcio è il gioco che riesce a dare libertà e respiro agli animi di questi ragazzi dalle vite difficili. Però è un calcio povero, ben lontano dai campionati che vediamo. Che rapporto c'è fra i campi per squadre di ultima categoria e il riscatto sociale?
    R: Il calcio in questa storia è solo un espediente per parlare di altro, ma ritengo che possa essere, in alcuni casi un’opportunità per liberarsi per almeno un paio d’ore dei propri casini. Non vedo possa essere né un occasione di riscatto né di redenzione, ma solo un diversivo che unisce, forse fa sentire i miei protagonisti meno soli.

    D: Rocco, il protagonista, è un personaggio complesso. Quali sono le sue caratteristiche?
    R: Rocco ha poche parole, nessuna speranza e molti dolori. Vive una vita dura, nega rimpianti o rimorsi ma è in parte prigioniero di ricordi, quasi nessuno piacevole. Non è in grado di dare un nome ai sentimenti, ma in fondo invita il lettore a farlo. La sua rabbia è la più radicata ed ha radici profonde. Tenta di vivere al presente aggrappato a pochi appigli: Bianca, la sorellina di venti anni più piccola che sorride nonostante la disperazione che la circonda; l’amicizia con Bruco, Bisio e Hamir e naturalmente la squadra Stella Rossa.

    D: A proposito di Bianca: la sua figura genuina stride con quanto la circonda: dagli ambienti alle persone. Eppure sembra essere provvidenziale…
    R: Credo che Rocco veda in Bianca oltre che una speranza, anche un’infanzia ed una positività che a lui sono state negate, e quindi da salvaguardare e proteggere da tutto ciò che la circonda.

    D: C'è un'esperienza diretta dietro una voce narrativa così empatica con le sofferenze dei personaggi e in particolare con la storia e il carattere di Rocco?
    R: Il carattere di Rocco in parte lo sento mio, lo ritengo un po’ come la persona che sarei potuta essere se avessi fatto scelte differenti. Forse ho usato la scrittura per liberarmi di lui, ma credo di non esserci riuscito. La mia storia familiare è molto differente dalla sua ma qualche piccolo tratto comune esiste.

    D: Cosa spinge Rocco a rischiare di perdere la sua unica ancora esistenziale, (Bianca) per salvare Hamir?
    R: Hamir è l’amicizia, Bianca è la speranza. Rocco agisce d’istinto, con modalità che gli appartengono. Sente che non ha scelta, incanala la sua rabbia verso un’ingiustizia. Vive questa scelta con lacerazione, ma questa lacerazione serve ad aumentare la rabbia, la rabbia necessaria a correre il rischio.

    D: Storie d'amore ce ne sono poche e drammatiche. Rocco e i suoi amici non riescono a innamorarsi dopo i guai che gli hanno marchiato l'animo?
    R: Per Rocco l’amore è qualcosa di già vissuto, è un ricordo chiuso tragicamente. Giada è molto presente dentro di lui e credo che lo sarà per molto tempo. Questo lascia spazio a storie da poco, spesso impacciate e prive di spessore. Immagino che passerà ancora molti anni aggrappato ad altro prima di concedersi un'altra storia.

    D: Il libro non ha dediche, ma c'è qualcuno a cui pensa ogni volta che rilegge o ricorda ciò che ha scritto?
    R: Penso agli amici del quartiere che hanno fatto scelte opposte alla mia, penso quanto siano ancora presenti quei legami e quanto tempo ci ho messo a riconoscere l’enorme spinta che hanno dato alla mia vita. Stella Rossa è un debito saldato con venti anni di ritardo, è un tributo alle persone e ai luoghi che mi hanno insegnato la rabbia e da cui in fondo non sono mai riuscito a fuggire del tutto.

  • «Brilla in una costellazione funesta la stella Rossa di una squadra di calcio di periferia» (Alessandra Iadicicco, «Famiglia Cristiana», 18 giugno 2006)

    Brilla in una costellazione funesta la stella Rossa di una squadra di calcio di periferia. Ai margini della città e ai limiti della legalità. In serie C, ultima categoria delle classifiche sportive. E più in basso che si può nella scala sociale metropolitana. Precipita anche oltre, allorché il suo allenatore; Hamir, giovane immigrato marocchino, viene arrestato per sbaglio, privo del permesso di soggiorno. Ma dall'abisso si può solo risalire. Per necessità di astronomica rivoluzione e per volontà di calcistico riscatto, l'astro cadente nel finale di partita, sarà una buona stella.

    «Un romanzo sul senso di solidarietà che nasce fra gli ultimi quando l’unico possibile riscatto è quello collettivo» (Ciro Bertini, bazarweb.info)
    Ecco di cosa si sentiva la mancanza nella narrativa giovane italiana: di una bella storia. Non necessariamente con una morale edificante. Miracolosamente priva degli immancabili dialoghi scoppiettanti simil-cinematografici, ma soprattutto di quella boria stilistica alla “mio dio, come scrivo bene! ma se ne accorgeranno gli altri?” Uno se ne rende conto leggendo questo libro di Stefano Mellini, ricavandone la conferma che è possibile anche da noi rappresentare la realtà con crudo realismo, stemperandone appena gli effetti depressivi con una dose di ironia. In altre parole fare l’operazione compiuta in Inghilterra dai vari Jonathan Coe, Nick Hornby e Zadie Smith.
    Il plot è semplice. Una squadretta di calcio locale composta di spiantati (quasi tutti hanno avuto a che fare con la legge), contro ogni logica, comincia a capeggiare la classifica, quando il suo giocatore più forte (il marocchino Hamir) viene segregato in un C.P.T. per problemi legati al permesso di soggiorno. La reazione dei giocatori della Stella Rossa è inaspettatamente coesa ed efficace.
    Romanzo sul senso di solidarietà che nasce fra gli ultimi quando l’unico possibile riscatto è quello collettivo, mette di buon umore. E dio solo sa quanto ce n’è bisogno di questi tempi. Colonna sonora: CARMEN CONSOLI Eva contro Eva.


  • «Se una “Musa” marocchina ispira autori ravennati» (Città Meticcia, il giornale delle immigrazioni a Ravenna, aprile-maggio 2006)
    Da un lato ci sono i migranti che scelgono l’italiano per scrivere le loro storie, e così arricchiscono lingua e letteratura del Belpaese. Dall’altro, sempre più frequente sta diventando il caso di autori italiani che traggono dalla vicinanza e dalla conoscenza dei migranti materiale e ispirazione per raccontare storie. Forse perché le vicende dei migranti, tutte, sono di per sé sempre e comunque più avventurose e spesso più intense delle statiche, pasciute e al massimo un tantino nevrotiche esistenza dei cosiddetti “occidentali”. Forse perché è impossibile non restare affascinati da persone che, nella propria esperienza di singoli, si trovano a misurarsi con i grandi tema della storia. Che si trovano a vivere sulla propria pelle dialettica e sintesi di mondi diversi. E così, sempre più spesso anche gli autori italiani si trovano ad attingere da questo immenso patrimonio umano che viene “recapitato” a casa loro. Inevitabile, del resto, se è vero che ogni letteratura è figlia di una società. Ecco allora sia scrittori di alta classifica (uno per tutti: Camilleri), sia autori locali, esordienti o meno, misurarsi con il tema dei migranti. Ed è così che, dopo il giallo di Nevio Galeati, nel giro di poche settimane, in libreria sono arrivati Le strade di Lena (Aiep editore) e Stella Rossa (Fernandel - nella foto la copertina). Il primo è un romanzo firmato da Laura Gambi, al suo esordio come romanziera, e pioniera nel lavoro sociale con i migranti in città. Il libro affronta il delicato tema delle adozioni di bambini stranieri, focalizzando l’attenzione sulla difficoltà per la protagonista, Lena, di accettare e far convivere le due culture, quella d’origine (marocchina) e quella d’arrivo, in cui si trova sospesa durante la sua infanzia. E se la Gambi sceglie di raccontare una storia tutta al femminile, Stella Rossa indaga invece gli ambienti dei “ragazzi” per eccellenza: gli spogliatoi e i campi da calcio. Il suo autore è Stefano Mellini, già vincitore della prima edizione del concorso Città di Ravenna opera prima con Sorrisi di cartone, qui alla sua seconda prova narrativa, in cui, alla passione per la scrittura unisce i temi e gli ambienti che meglio conosce per ragioni di lavoro. La storia è a dir poco intrigante: Hamir, ragazzo marocchino e bomber della squadra di quartiere Stella Rossa, viene rinchiuso in un Cpt, ma i compagni di squadra decidono di andare a liberarlo, a qualsiasi costo.




  • Una curiosità: Stella Rossa è stato ripubblicato in allegato al «Sole 24 Ore» del 5 giugno 2016

    I libri di Stefano Mellini pubblicati da Fernandel