Pablo Echaurren, Bloody art. Il ritorno della lesbocommissaria


Bloody art. Il ritorno della lesbocommissaria
Pablo Echaurren
Pagine: 128
Isbn: 9788887433708
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: luglio 2006
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«L’investigatrice lesbocolta Vanessa Tullera è uno dei personaggi più graffianti della letteratura di genere di questi anni» (Giuseppe Genna)

Vanessa Tullera è un’insolita commissaria di polizia: colta, sportiva, mascolina, goffamente lesbica. Dopo aver partecipato insieme al tenente Rosa Caronia, di cui la commissaria è segretamente innamorata, a un happening di arte contemporanea decisamente hard, Vanessa Tullera si ritrova ad indagare proprio sulla morte della protagonista dello spettacolo. Sarà solo il primo di una serie di omicidi tutti legati all’ambiente della body art, ambiente nel quale un geniale assassino uccide gli artisti simulando le loro stesse performance estreme, secondo una spietata "legge del taglione".
Con uno stile personalissimo e un approccio dissacrante al noir, Echaurren rimescola con sapienza gli ingredienti del giallo, regalandoci una storia avvincente, personaggi grotteschi e una comicità da humor nero.
La commissaria Vanessa Tullera era già stata protagonista del romanzo Delitto d'autore (Shake, 2003) ripubblicato nel 2013 dall'editore Gallucci.
Copertina di Gianluca Costantini.

Pablo Echaurren è nato nel 1951 a Roma, dove vive e lavora. Artista e pittore, si è dedicato alla scrittura dopo aver realizzato controfumetti d’avanguardia per “Alter Alter” e “Frigidaire”. Con Fernandel ha dato alle stampe lo sperticato elogio dei Ramones (Chiamatemi Pablo Ramone, 2006), due romanzi ambientati nel mondo dell’arte contemporanea che hanno per protagonista la lesbocommissaria Vanessa Tullera: Bloody Art (2006), e Terra di Siena (2007), e un libro dedicato al basso elettrico (Bassi istinti, 2009).
Wikipedia gli dedica una pagina.

Come inizia

Il telefono squilla petulante, due volte. La prima nel bel mezzo di un inseguimento al ralenti con pallottole che colpiscono i bersagli senza corpo ferire, pistole flosce alla Dalì e delinquenti evanescenti, la seconda nella realtà di uno sgradevole risveglio col cuore in gola.
Vanessa Tullera sudata, con la bocca impastata, una lingua di carta vetrata e l’hangover che la tormenta, stende un braccio, impugna il ricevitore…
«Van, sono io».
«Io chi?»
«Caronia. Il tenente Caronia. Che ti ho svegliata?»
Vanessa si riprende di colpo, si tira su, si schiarisce la voce. «No, Rosa… scusami… stavo solo poltrendo un po’».
«Mi dispiace… dopotutto sono le nove…»
«Ma domani… cioè oggi è il mio giorno di riposo e me la sono presa comoda».
«Allora… come non detto…»
«Ma no, ma no… sono sveglia… e poi, è la prima volta che mi chiami a casa… sono un po’ sorpresa… dài, dimmi…»
«Be’, Van… hai fama di essere una persona di cultura e con spiccati interessi artistici… tutti ne parlano, in questura… sai come dicono… la Tullera… quella è una testa fina… e allora pensavo a te… stasera c’è una performance di body… body art… io ci vado, mi hanno invitata… ho pensato che ti avrebbe fatto piacere…»
Vanessa emozionata. «Ma certo… sono contenta, cioè ti sono grata… di aver pensato a me… certe volte ho la sensazione di non esserti troppo simpatica…»
«Ma che dici… se ti considero un’amica… e lo sai che ti ammiro, molto, come donna e come poliziotto… allora, a più tardi… passo a prenderti alle otto».
Vanessa Tullera si stira, butta via la leggera trapunta, corre in cucina… ha le gambe molli… come una bambina a cui è stato promesso un nuovo balocco. Scioglie in fretta un’aspirina effervescente e carica la moka pressandovi nel filtro un quantitativo di polvere esagerato… ha bisogno di una potente scossa caffeinica per ritrovare la piena forma, è il suo primo appuntamento… Rosa… se ha pensato a me, vuol dire che non le sono del tutto indifferente… che strano… mai un segno particolare, mai un gesto da interpretare… e poi tutto d’un tratto… Van! Usciamo! E dentro di sé Vanessa riavvolge il nastro della breve conversazione, ripete tutte le frasi, sillaba per sillaba, ne analizza ogni passaggio, setaccia il linguaggio, vi cerca un messaggio occulto. Una testa fina… ha detto… eppure lei sa come sono fatta… credo che nessuno in questura abbia più dubbi al riguardo… deve averlo sgamato… quanto io la ami… e questo non la infastidisce, magari la lusinga… chissà…
Con il petto in subbuglio, Vanessa Tullera apre l’armadio e scruta fosca il suo guardaroba per scegliere la mise adatta alla serata. Sarà una lotta dura [...].

Rassegna stampa

  • Intervista all'autore (intervista redazionale)

    Bloody Art segna il ritorno della lesbocommissaria Vanessa Tullera, che già era protagonista di un altro tuo romanzo, Delitto d'autore. Sei molto affezionato a questo personaggio?
    Mi sembra un ottimo elemento, il commissario Tullera. Attraverso il suo personaggio, perennemente impegnato a risolvere delitti maturati nel mondo dell’arte, permetto al lettore di intrufolarsi e grufolarsi negli studi degli artisti contemporanei e carpirne bellezze e monnezze riposte. In più, lo sguardo di Vanessa Tullera è quello dell’uomo della strada, della donna della strada dovrei dire, di chi nulla sa dei tortuosi percorsi delle avanguardie storiche e di quelle attuali ma le subisce. Non sempre di buon grado. Qualche volta le prude il dito sul grilletto.

    Il tuo approccio al noir è ironico, dissacrante: tra i tuoi personaggi c'è un'anatomopatologa, Cleofe Cazzaniga, che fa la parodia dell'ormai famosissima Key Scarpetta... da dove nasce questa idea?
    Le librerie sono attufate, inchiavicate di libri su medici legali, segaossa, sbuzzacadaveri, seghe striker per aprire la scatola cranica e compagnia bella. Sinceramente non se ne può più. O almeno, non ne posso più io. Gli altri non so, anzi continuano a consumare questa paccottiglia, a comprarla, a leggerla, a digerirla.

    Che significato ha per te investigare nel mondo dell'arte contemporanea attraverso il personaggio di Vanessa Tullera? Ci sono forse degli aspetti di questo ambiente che intendi smascherare?
    In parte questi libri sono dei pamphlet. Un modo leggero di mettere a nudo e alla berlina il cosiddetto “sistema dell’arte” con tutto il suo corollario di cialtroni, questuanti, roboanti nullità. Un modo buffonesco di giocare con cose gravi come il mercato dell’arte, le glorie costruite a tavolino, i palloni gonfiati e mai frenati dall’orrore di se stessi.

    A questo libro seguiranno altre avventure della lesbocommissaria, che Fernandel pubblicherà a partire dal prossimo anno. Pensi che Vanessa continuerà ad avere a che fare con questo mondo o hai in serbo per lei nuovi incontri?
    Ne ho già finito un terzo e iniziato un quarto e pensato un quinto e sognato un sesto. Insomma vedo già nel mio futuro il cofanetto. Vedo già Fernandel come Adelphi, la Tullera come Maigret e tutto quanto. Il terzo comunque è ambientato a Siena, tra ombre diaboliche e paradiasici quadri a fondo oro. Sarà un romanzo gotico. O ego-tico.


  • «Pablo è vivo. Omaggio ai Ramones e un giallo. Pablo Echaurren non si ferma più» (Francesca Frediani, «Max», luglio 2006)


  • «Pablo Echaurren, il giallo e la beffa dell’arte d’avanguardia» (Recensione e intervista di Monia Cappuccini, «Liberazione», 23 luglio 2006)
    Colta, sportiva, mascolina, goffamente lesbica. Torna nelle librerie il commissario Vanessa Tullera, il personaggio creato dal pittore Pablo Echaurren, che firma così il suo secondo incontro con la scrittura narrativa. Dopo l’esordio di Delitto d’autore nel 2003 (Shake edizioni, pp. 216, euro 13,00), l’insolita agente di polizia è alle prese questa volta con una catena di uccisioni maturate nel mondo della body art. Da qui il gioco di parole Bloody art, (Fernandel, pp. 126, euro 12,00), titolo scelto per questa nuova indagine. Un genere di successo, quello del noir e dell’investigatore o killer seriale, a cui Pablo Echaurren si accosta in maniera divertita e disincantata, senza perdere il mordente che ha caratterizzato la sua precedente attività editoriale, fatta soprattutto di saggi e pamphlet. Dal pennello alla penna la musica non cambia, tela o pagina che sia il mondo dell’arte rimane il suo campo d’indagine prediletto, il gioco e l’ironia lo spirito con cui attraversarlo, occupando però con il romanzo una postazione originale e inedita. Diversa per natura ma identica per sostanza: prendersi gioco del sistema arte in maniera ironica e grottesca, uno sguardo capace di cogliere per distruggere e restituire a nuova vita. Da “Delitto d’autore” a “Bloodyart”: a giudicare dalla precedente attività editoriale cimentarsi con un nuovo genere ha funzionato? Non abbiamo scalato le classifiche ma è stata un’esperienza riuscita. Anche perché ho sempre cercato di esplorare con le parole il mondo dell’arte, per investigarlo e ridicolizzarlo. Delitto d’autore è stata una trasposizione narrativa di un punto di vista che potesse essere ironico e comico, non di critica pura ma di presa per i fondelli, di giusta distanza dalle cose dell’arte sempre più dirette verso la pomposità, tanto che un artista contemporaneo oggi vale più di un maestro del Rinascimento. La narrativa diventa un modo leggero per entrare nel meccanismo costruito a tavolino dal sistema arte e prenderlo in giro piuttosto che criticarlo rabbiosamente.

    Come è venuto fuori il personaggio di Vanessa Tullera?
    E’ una persona estranea al mondo dell’arte e che permette di girare ambienti, conoscere persone, visitare studi e luoghi d’incontro. E’ un perfetto passepartout e l’indagine rappresenta un modo di entrare in questo ambiente in maniera paradossale. Nei due romanzi c’è anche un altro personaggio, Iacono, che esprime un’opinione rozza nei confronti degli artisti, considerati alla stregua di nullafacenti. La narrativa permette un mescolamento dei punti di vista, da quello colto a quello più popolaresco. Lo sberleffo è anzi uno dei meccanismi principali, non solo nei confronti dell’arte ma anche verso la marea montante di scrittura del cosidetto genere noir e di indagini anatomo-patologico. E’ la presa in giro di Patricia Cornwell, tanto che il medico legale di Bloodyart, la dottoressa Cazzaniga, ad un certo punto afferma «Non sono Kay Scarpetta».

    “Delitto d’autore” racconta gli anni ’80. “Bloodyart” a quale epoca si riferisce?
    In realtà entrambi sono senza tempo ma hanno a che fare con la contemporaneità. Bloodyart indaga nel mondo della body art, considerato un tempo un genere di nicchia e divenuto oggi appuntamento di elite. Questo per far capire che l’effusione del sangue può diventare un richiamo. Nel ’600 quando le condanne a morte erano eseguite nelle piazze, pittori e scultori venivano portati in luoghi privilegiati così che potessero studiare le espressioni dei condannati per la rappresentazione dei martiri. Per paradosso o per contrappasso gli artisti di oggi per ispirarsi sono essi stessi sottoposti a torture capitali e la smorfia di dolore invece di raffigurarla nei santi martirizzati la esprimono su loro stessi. Dal quadro si è passati al proprio corpo come quadro.

    A chi è indirizzata la critica? Artisti, pubblico o critici d’arte?
    E’ sempre il punto di vista della poliziotta a prevalere, che è uno sguardo altro. Bloodyart non è un vero giallo o un vero romanzo da medico legale, è una caricatura e quindi tutti i personaggi sono tagliati con l’accetta e assumono una posizione grottesca. Non ha senso cercare di trovare qualcosa di buono perché non si salva nessuno. E’ come una seduta di cabaret, tutto viene ridicolizzato e non c’è nessuno intento di moralizzare.

    Perché affidare la critica ad un romanzo piuttosto che ad un saggio, come è stato nella sua precedente esperienza editoriale?
    Perché ti permette di non parlare di persone precise ma di linee di tendenza. Si possono raccontare le cose in un mondo di fantasia dove c’è tanta realtà. E’ un genere che concede più libertà, lascia fuori dalla porta persone reali e finisce per mettersi al di fuori della disputa sulle tendenze contemporanee per farti galleggiare in un mondo immaginario.

    Cosa unisce e cosa divide pittura e narrativa di Pablo Echaurren?
    Un livello di violenza e di rabbia, di lotta contro i mulini a vento. Bloodyart è denso di visionarietà e di donchisciottismo. Le parole mi sono sempre piaciute perchè posso usarle per giocare, come una specie di chewingum possono essere masticate e allungate a piacimento. Anche sulla tela gioco con i colori ma, essendo la pittura la mia attività primaria, in genere non amo scherzarci sopra. La scrittura è invece uno spazio che mi lascio come puro divertimento e il computer è uno strumento meraviglioso perché finché il testo non va in stampa i giochi di parole possono essere rinnovati in continuazione. Perché ci si affida sempre più alla letteratura nera per indagare sulla società contemporanea? Ma proprio perchè questo avviene il mio personaggio ha ragione di esistere! La commissaria Tullera non prende in giro solo il mondo dell’arte ma questa consuetudine del giallo, del seriale, dell’investigatore, dei corpi sottoposti a vivisezioni continue. La mia Vanessa sta al commissario Maigret come Fernandel sta ad Adelphi.

    Prossimo appuntamento con la lesbo commissaria Tullera?
    A Siena, alle prese con un vampiro.

  • «L’imperversare linguistico, funambolico e arguto, di Pablo Echaurren» (Teo Lorini, «Pulp», novembre-dicembre 2006)
    Dopo l’esordio in Delitto d’autore (ShaKe, 2003) il pittore, saggista e narratore romano Pablo Echaurren riporta in scena il personaggio di Vanessa Tullera, commissaria esperta d’arte suo malgrado e detective di raffinato intuito. Per lo meno quando il suddetto fiuto non è ottenebrato dalle infatuazioni per qualcuna delle colleghe. Il riferimento ironico a Patricia Cornwell è fin troppo chiaro ma Echaurren si (e ci) diverte e, all’insopportabile sicumera della nipote omosessuale di Kay Scarpetta (un presidio ambulante dell’Arcilesbica), contrappone un personaggio infinitamente più umano, problematico e, soprattutto nelle questioni di cuore, deliziosamente pasticcione.
    Seconda avventura dunque ma, tanto per mutuare una formula fumettistica, la continuity non impedisce la comprensione né la godibilità di questo Bloody Art. L’indagine, come suggerito dal titolo, si snoda tra gli ambienti fumosi e underground della body art più estrema. In tale contesto una serie di performer subisce morti orrende in cui, per una sorta di contrappasso dantesco, gli eccessi delle loro azioni sceniche superano i limiti di sicurezza. Tra ferite di rasoio, scuoiamenti e pratiche sessuali dove piacere e dolore si confondono, Vanessa Tullera si muove a disagio, ulteriormente confusa dagli ambigui segnali che le manda il bel tenente Rosa Caronia. Fortuna che a rimettere in carreggiata commissaria e indagine pensano i risultati delle autopsie confezionate dal personaggio più divertente del libro: Cleofe Cazzaniga, l’inossidabile anatomopatologa milanese, facile all’humor greve e all’intercalare in puro lumbard.
    La menzione del dialetto richiama a quello che è forse il merito maggiore di Bloody Art. Echaurren infatti non si limita a firmare un thriller che diverte e avvince, ma lo arricchisce maneggiando linguaggi e registri lessicali con sicurezza brillante ma mai leziosa. Il lettore resta così deliziosamente incerto, fino alla fine, tra il piacere di sommare gli indizi per arrivare alla soluzione e quello, non minore, di lasciarsi ipnotizzare dall’imperversare linguistico, funambolico e arguto, di Pablo Echaurren.


  • I libri di Pablo Echaurren pubblicati da Fernandel