Pablo Echaurren, Bassi istinti. Elogio del basso elettrico

Pablo Echaurren è nato nel 1951 a Roma, dove vive e lavora. Artista e pittore, si è dedicato alla scrittura dopo aver realizzato controfumetti d’avanguardia per “Alter Alter” e “Frigidaire”. Con Fernandel ha dato alle stampe lo sperticato elogio dei Ramones (Chiamatemi Pablo Ramone, 2006), due romanzi ambientati nel mondo dell’arte contemporanea che hanno per protagonista la lesbocommissaria Vanessa Tullera: Bloody Art (2006), e Terra di Siena (2007), e un libro dedicato al basso elettrico (Bassi istinti, 2009).
Wikipedia gli dedica una pagina.
La passione inizia dal basso
Dopo un'inquieta adolescenza da rocker romano, trascorsa tra il Piper (quello vero, non lo scheletro disseccato visitabile di questi tempi) e le prove della sua band (i Lemons), Pablo Echaurren aveva perso le tracce del suo Precision, impegnato com'era ad iniziare una promettente carriera di artista figurativo. Ma evidentemente non ne aveva avuto abbastanza perché quarant'anni dopo lo ritroviamo con un (altro) Precision appeso al collo a martoriare i Ramones (il tempo passa). Ma il peggio arriva quando il nostro decide che il Precision non basta: li vuole tutti. O almeno tutti quelli su cui riesce a mettere le mani. Da qui alla scoperta del mondo dei collezionisti di strumenti vintage il passo è brevissimo e, soprattutto, è impossibile tornare indietro.
Difficile pensare a qualcosa di meglio di Bassi istintiper inaugurare la sezione "Feticismo" di lettera.com.
Perché Pablo Echaurren è un feticista del basso elettrico e non ne fa mistero, e questo libro è un viaggio nei meandri del vizio del nostro eroe, una traversata dell'inferno dei collezionisti che ha la caratteristica di essere anche il loro paradiso. Aspettatevi lunghe (per le persone normali) dissertazioni sull'opportunità o meno di rimpiazzare le viti mancanti di pregiati "pezzi" vintage con volgari sostitute di ferramenta, o tirate (sacrosante) contro la moda del relic ossia degli strumenti finto antico che impazza in tutto il mondo, oltre ad aneddoti di ordinaria follia che danno conto degli incauti acquisti (via Internet ma non solo) che il nostro ha inanellato negli anni, in un crescendo che, dagli ovvi strumenti Fender, Gibson e Rickenbaker dei primi anni lo ha portato ad esplorare le esotiche lande della produzione italica (Crucianelli, Eko, Wandrè), ormai morta e sepolta ma non dimenticata. Per contro, poco o niente si dice del suono degli strumenti e, a dirla tutta, non è proprio una sorpresa.
Prima che cominciate a chiedervi che tipo d'uomo potrebbe sprofondare a tal punto sappiate che nessuno è al sicuro e che chi oggi pensa di che una cosa non potrebbe accadergli potrebbe essere la prossima vittima. Anch'io ero come voi, e ora, dopo qualche mese di bassi istinti sono diventato come lui...
Dimenticavo, alcuni pezzi della collezione Echaurren sono in mostra all'Auditorium di Roma (V.le de Coubertin) fino al 30 luglio 2009.
Per Pablo Echaurren nascere lo stesso anno in cui è stato varato il primo Fender Precision (1951) è stato un segno del destino, o una croce: dipende dai punti di vista. Anche se poi si è affermato come sopraffino dipintore et funambolico scrittore, il passo verso la “monomania, delirio di onnipossanza, bulimia” nei confronti del basso elettrico è stato davvero breve. Ciò significa far diventare questione di vita o di morte possedere un Framus come Bill Wyman, l’Hofner Cavern di Paul McCartney, il Gibson Thunderbird, un qualsiasi meraviglioso Rickenbacker, un Burns con le corna da bisonte, un “missilistico & contadinesco” Billy-Bo Gretsch, un cornutello Longhorn Danelectro. Così come carezzare le curve sinuose della Vox made in Recanati e quelle spigolose della Hagstrom o, ancora peggio, inerpicarsi nei “territori inesplorati e poco prezzati” di roba esotica griffata Teisco, National, Guyatone, Kay, Klira, Kent, Jolana, Hoyer, Tokay e vai e vai. Per non parlare dell’italico artigianato fuori di testa che risponde(va) al nome di Eko, Crucianelli e, soprattutto, Wandrè, ovvero Antonio Pioli, “misconosciuta anarcodivinità” tutta, ma proprio tutta, da riscoprire. Ciò significa anche farsi ogni mattina il giro di Peppe su ebay, siti specializzati, magazzini on line, mercatini musicali, scambisti maniacali e persino assoldare un personal bass shopper cazzuto come Lorenzo Pelle dei surfurei bolognesi Faraons. E non ha nessuna importanza se tutto questo lo si fa non potendo neanche allacciare le scarpe a gente come Mike Watt (ma manco a Sid Vicious o a chi per lui).
Il vecchio Pablito sta a metà tra il genio e lo scemo di quartiere, come il suo mito Dee Dee Ramone. Un indefesso onanista delle 4 corde che per saziare la sua bassa rota sfranteca i coglioni a fabbricanti, negozianti, rappresentanti, loschi pusher del vintage. Bassi Istinti è un libro dalla scrittura muy vervosa e dalla rima che si fa prosa: l’ipotetico risultato di un’improbabile jam tra Ric & Gian e Andrea Pazienza. Ma io non faccio molto testo essendomi testé accattato un catorcio prodotto in DDR nei primi ‘70 che risponde al nome di Musima de Luxe 25 B. Un pezzo di legno in sunburst sul quale, ça va sans dire, non so mettere mano, come l’autore di questo delizioso libercolo.
La parola basso viene istintivamente collegata alla marca più famosa in commercio da sempre: Fender. La coincidenza è che Pablo Echaurren è nato proprio nel 1951, anno in cui uscì il primo modello di basso Fender, il Precision, mitico e intramontabile strumento a sei corde, ma attese di avere sedici anni prima di potersi concedere il primo gioiellino - un Fender guarda caso - scambiato poco dopo con un Gibson semiacustico stereofonizzato che mai poté eguagliare le prestazioni del primo amore. C’è da dire che sono molte, quasi infinite, le marche storiche – meglio se si tratta di nomi ormai definibili vintage – come lo sono i modelli, riconoscibili unicamente da un occhio esperto, da un vero appassionato. Solo chi se ne intende può infatti riuscire ad associare un Gibson, un Rickenbacker o un Wandrè a un gruppo storico, siano essi i Beatles, i Rolling Stones, gli Animals o i Ramones di cui Eucharren va pazzo. A quali follie e atti sconsiderati può condurre l’ossessione per un basso? Sino a dove ci si può spingere pur di accaparrarsi un basso autografato, piuttosto che un modello ormai introvabile o un plettro appartenuto a una star?
Echaurren, che dei Ramones ha già scritto abbondantemente in un libro dal titolo Chiamatemi Pablo Ramone, ci accompagna nell’universo del mostro a quattro corde intrecciando la storia del basso alla sua vita personale, alla mania del collezionismo e del possesso (folli le corse su Ebay e spasmodica la ricerca in Rete e sui giornali specializzati), indipendentemente dalle capacità reali di suonarlo (a detta di Pablo alquanto scarse). Una panoramica densa di dettagli a celebrare la nascita e la crescita di uno strumento che ha cambiato la storia della musica, permettendo alle band di sostituirlo al contrabbasso, più limitante per peso, mole e possibilità di amplificazione. Con uno stile 'terra terra' (in senso positivo), comprensibile e ironico nonostante la nomenclatura spesso difficile da afferrare per chi non è del mestiere, Pablo decide di confezionare un panegirico del basso a 360 gradi, sottolineando come siano proprio i bassi istinti e l’impulsività incontrollabile di chi lo ama e lo venera a renderlo uno strumento immortale, al servizio delle menti più geniali.
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