Catalin Florin Maggi, Ultime lettere di Romulus Letizia


Ultime lettere di Romulus Letizia
Pagine: 176
Isbn: 9788895865249
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: giugno 2010
Leggi la "Lettera al Cavaliere"


La vita quotidiana al tempo di Silviu Berlusconescu
Un romanzo satirico, un ritratto ironico e amaro della nostra classe politica

Il giovane rumeno Romulus Letizia, impiegato in una ditta di autotrasporti di Timisoara, è intenzionato a emigrare entro breve in Italia. Anche per Letizia, come per lo Jacopo Ortis foscoliano, la situazione politica del proprio paese è ormai diventata insostenibile: la Romania è infatti governata dal leader demagogo Silviu Berlusconescu, di cui Romulus è fiero oppositore. Comincia dunque a scrivere una serie di lettere ai politici italiani, raccontando le difficili condizioni in cui versa il suo paese. Dalla descrizione di una Romania qualunquista e corrotta emerge il ritratto amaro dell’attuale classe politica italiana. Un romanzo satirico che riprende i temi delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, a cui si riallaccia esplicitamente nel titolo e nella struttura.

 Catalin Florin Maggi
Catalin Florin Maggi è nato nel 1974 a Timisoara, in Romania, ma vive in Romagna dall’età di quattro anni. È laureato in giurisprudenza. Ha pubblicato il romanzo Alla frutta (Eumeswil, 2007).


Rassegna stampa

Una missiva per ogni stortura, bruttezza morale, per ogni forzatura e manomissione della natura democratica e laica dello stato italiano (Roberto Giungato, libriconsigliati.it, 16 settembre 2010).

A Catalin Florin Maggi, rumeno nato a Timisoara nel 1974, dobbiamo senz’altro ascrivere un merito: con il suo Ultime lettere di Romulus Letizia è riuscito a far piazza pulita in un sol colpo dell’ipocrita perbenismo intellettuale che sta letteralmente tagliando le gambe alle nuove generazioni. Maggi esprime senza alcun timore reverenziale la condizione claustrofobica, umiliante e degenerativa dei trentenni italiani nel rapporto con il mondo del lavoro e delle responsabilità civili.
Ispirandosi alla struttura (niente di più) delle Ultime lettere di foscoliana memoria, il giovane autore rumeno convoglia delusione, insoddisfazione e rabbia in questa raccolta di ventinove missive, indirizzate ad altrettanti parlamentari nostrani, esponenti dell’attuale maggioranza di governo, compiendo un’operazione stilisticamente apprezzabile e, in definitiva, sintetizzabile in un uso indefesso e (quasi sempre) riuscito del metalogismo.
Questa è satira, insomma, e di buon livello: le premesse sono tutte nella pagina d’apertura, che precede il prologo: Maggi contrappone un magnifico passo delle Ultime lettere di Jacopo Ortis allo stralcio d’una dichiarazione del fu senatore a vita Francesco Cossiga. E la lettura di questa pagina non può che avere un effetto dirompente sul lettore meno accorto, magari convinto di avere per le mani un libricino leggero.
“Frattanto noi chiamiamo pomposamente virtù tutte quelle azioni che giovano alla sicurezza di chi comanda, e alla paura di chi serve. I governi impongono giustizia: ma potrebbero eglino imporla se per regnare non l’avessero prima violata? Chi ha derubato per ambizione le intere provincia, manda solennemente alle forche chi per fame invola del pane. Onde quando la forza ha rotti tutti gli altrui diritti, per serbarli poscia a sé stessa inganna i mortali con le apparenze del giusto, finché un’altra forza non la distrugga. Eccoti il mondo, e gli uomini.”Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis.
In breve, quindi: una missiva per ogni stortura, bruttezza morale, per ogni forzatura e manomissione della natura democratica e laica dello stato italiano, che nel libro di Maggi diviene lo stato rumeno, governato dal potente Silviu Berlusconescu. Maggi si scatena, letteralmente, contro la politica d’accoglienza (accoglienza?) italiana nei confronti dei cittadini extracomunitari e non (la Romania, non dimentichiamolo, è entrata a far parte dell’Unione a partire dal primo gennaio 2007) e non manca di denunciare a più riprese l’ipocrisia furbetta e qualunquista italiana: tutti pronti a dare in pasto alle fiere (leggi la pubblica opinione) un’intera popolazione (e qui si parla di etnia, di razzismo senza se e senza ma) quando un rom si macchia d’efferati delitti nel nostro Paese, salvo poi sfruttare di buon grado la manodopera a basso costo garantita dal flusso costante d’emigrati alle nostre aziende manifatturiere. Dimentichiamo pure di quali barbarie il popolo italiano si sia reso protagonista (dittatura fascista, occupazione coloniale in terra d’Africa e relative operazioni di sterminio) e limitiamoci a sfruttare, quando se ne presenta l’occasione, e demonizzare attraverso “mezzi di manipolazione di massa”. Verrebbe da dire: “questa è l’Italia”, ma è proprio contro l’istinto qualunquista, contro il modus operandi raffazzonato che ci contraddistingue che si scaglia Maggi.
L’autore (laureato in letteratura italiana) ha, purtroppo, un tallone d’Achille. Perché se la sua analisi è spesso particolarmente lucida, ironica, divertente per giunta, non manca di incorrere in leggerezze che ne sviliscono il risultato complessivo. Mi riferisco a non più di due passaggi, due paragrafi volendo essere precisi, nei quali il risentimento si fa tangibile al punto da tramutarsi in rabbia cieca, vestendosi di una sostanziale mancanza di tatto nell’affrontare questioni moralmente opinabili. Ed è un peccato, perché l’idea che l’autore trasmette di sé non è degna di simili eccessi.

Un libro curioso e divertente (Alessandro Romano, Il Leviatano, settembre-ottobre 2010).

Romulus Letizia, giovane impiegato in una ditta di autotrasporti di Timişoara, in Romania, ha intenzione di emigrare in Italia, ma, prima di accingersi a farlo, stila una serie di missive (29 lettere divise in due sezioni) che spedisce, dopo un prologo esaustivo, alla figura del Cavaliere, ovvio riferimento a un noto politico italiano.
Rifacendosi al celeberrimo capolavoro foscoliano, Catalin Florin Maggi, autore già di un romanzo a sfondo satirico, Alla frutta, in cui mescolava letteratura, realtà, e riflessione autobiografica, opta stavolta per un'opera apertamente parodistica, quasi uno sberleffo, immaginandosi dal punto di vista di un romeno-italiano che vive in una nazione governata da tale Silviu Berlusconescu (sic!). Con un sense of humour che rende la lettura agevole, nella sua deformazione grottesca, ma nemmeno troppo, della situazione italiana calata in un contesto romeno (ma soltanto come filtro), Maggi radiografa tutte le situazioni controverse e problematiche dell'Italia odierna, fatta di molti vizi e poche virtù, e ce le restituisce in termini beffardi e ridanciani, come le vedessimo dall'oblò di un'astronave, ma che, sul serio, accadono nel Bel Paese. Più che un romanzo di situazioni, un saggio-racconto che riflette sulle ambiguità e le brutture di una nazione dalla prospettiva sbilenca di un altro luogo, così lontano, ed invece così vicino, con tutte le implicazioni di sorta, compresi i temi, sempre attuali, del trattamento degli immigrati. Un libro curioso e divertente.

Tanta satira amara (Alberto Sebastiani, «Repubblica», 2 novembre 2010).

Catalin Florin Maggi, rumeno, vive in Romagna. Il suo personaggio, Rumulus Letizia, porta il cognome di una persona nota per chiamare "papi" un politico italiano. Rumulus vive in Romania, ma ha radici italiane. Le Ultime lettere di Romulus Letizia (Fernandel), vengono dalla Romania, governata da Silviu Berlusconescu. Lettere indirizzate a parlamentari italiani perseguitati dalla magistratura, per raccontare il marcio del suo paese, contrapposto al candore del belpaese. Tanta satira amara.

Si sorride molto. Ma si sorride amaro (Angelica Graziano, mangialibri.com, dicembre 2010).

È un inferno vivere in un paese come la Romania, governata dal tiranno Silviu Berlusconescu: i giovani non trovano lavoro, la corruzione invade ogni campo della vita pubblica e privata rendendo impossibile lo svolgimento di una normale vita civile. Il parlamento è pieno di gentaglia, seduta sugli scranni del potere per puro servilismo quando è palesemente inadatta a governare. Il razzismo dilaga, specialmente contro gli immigrati italiani, accusati di essere violenti, stupratori e delinquenti. Romulus Letizia, di lontana origine italiana, come testimonia il suo cognome e come più volte egli stesso tiene a sottolineare, è prostrato da questa situazione. Tanto da maturare una decisione: raggiungere la terra dei suoi avi, dove tutto è sicuramente diverso; dove se studi hai un lavoro sicuro e adatto alle tue competenze; dove la tolleranza e l’integrazione regnano sovrane; e dove, soprattutto, governa un leader politico giusto e magnanimo, a capo di un parlamento integerrimo e competente. Per realizzare il suo sogno, Romulus decide di preparare il suo sbarco in Italia scrivendo lettere a parlamentari, ministri e, soprattutto al primo ministro: bonarie captatio benevolentiae in cui, raccontando le disgrazie del suo paese e elogiando le bellezze del nostro, spera di poter migliorare la già celeberrima accoglienza italiana nel momento in cui scenderà dall’aereo per andare incontro al suo nuovo, luminoso futuro nella terra promessa…
Si sorride molto leggendo il libro di Maggi. Ma si sorride amaro. Rumeno ma da anni in Italia, l’autore riesce a scandagliare la nostra realtà con acume e spietatezza. E a poco serve l’espediente dell’ironia con cui la croce delle italiche disavventure è lanciata su una lugubre e immaginaria Romania: che lungi da non avere i suoi problemi, diventa uno specchio distorcente in cui la nostra situazione politica e sociale assume caratteri farseschi al limite del grottesco. Se non fosse che molte delle epistole di Romulus Letizia sembrerebbero essere stralci dei nostri principali quotidiani si potrebbe parlare di satira: in realtà siamo all’insulto beffardo, alla presa in giro palese, e tutto sommato meritata, da parte di chi, per nazionalità d’origine si sente spesso dire che essere in Italia è da considerarsi un privilegio e a cui viene consigliato di assumere un atteggiamento da povero alla mensa del ricco quando è evidente che anche gli italiani ormai da un pezzo si azzuffano per nutrirsi di scarti di democrazia e civiltà. L’unico difetto di questo divertente e amaro libricino? Che una persona non dotata di senso dell’umorismo potrebbe considerarlo come un esempio di apologia del governo Berlusconi e magari potrebbe decidere di farvelo spedire a casa.