Andrea Pomella, La misura del danno


La misura del danno
Pagine: 144
Isbn: 9788895865768
Collana: Fernandel
Data di pubblicazione: 20 gennaio 2013
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Nella parabola del romanzo di Andrea Pomella il racconto di un ventennio cruciale per il nostro paese


A trentacinque anni, la carriera dell’attore Alessandro Mantovani registra un’impennata improvvisa. Le vecchie fiction, in cui compariva invariabilmente nella parte del bravo ragazzo che indossa felpe col cappuccio e fa innamorare le adolescenti, lasciano il posto a pellicole d’autore, film che lo consacrano come il testimonial del nuovo cinema italiano. Per uno come lui, cresciuto in una borgata romana, figlio di una casalinga e di un operaio dell’Autovox, è l’occasione che aspettava per entrare nelle grazie di quella borghesia liberal-progressista che da sempre orienta i gusti culturali della nazione. Un matrimonio con la rampolla di una famiglia dell’aristocrazia intellettuale di sinistra, un attico in un quartiere esclusivo di Roma, salotti buoni e party selezionati. Questo è il suo nuovo mondo.
Un ordine che è fatalmente destinato a sgretolarsi il giorno in cui Alessandro perde la testa per una minorenne con cui ha una breve relazione. Lo scandalo sessuale, venuto presto allo scoperto, esplode sui media, riportando la “questione morale” all’attenzione della sinistra progressista. Intorno al caso si scatena una bagarre. Da una parte si solleva un’ondata di solidarietà proveniente dal mondo intellettuale, dall’altra i giudizi spietati di indignati e censori che chiedono per Mantovani una pena severa. La vicenda diventa così il terreno per uno scontro politico e ideologico in cui la cronaca viene deformata dallo spettacolo, e in cui tutto conta fuorché la sorte dei protagonisti.

 Andrea Pomella
Andrea Pomella è nato a Roma nel 1973. Scrive su IlFattoQuotidiano.it e sulle pagine culturali dell’«Unione Sarda». Ha pubblicato il romanzo breve Il soldato bianco (Aracne, 2008) e il saggio sulla povertà 10 modi per imparare a essere poveri ma felici (Laurana, 2012).

Come inizia

Verso la fine dell’inverno, alle due del pomeriggio di un sabato di pioggia, Alessandro Mantovani lanciò un’ultima occhiata al viso di Beatrice Belfiore, prima di scoppiare a ridere come un adolescente eccitato al suo primo appuntamento. La ragazzina di quindici anni gli sedeva accanto giocherellando col portachiavi Hello Kitty, mentre lui spingeva la grossa Audi A3 nera oltre il limite di velocità consentito sulla Pontina, allontanandosi da Roma. L’espressione della ragazza, in quel momento, gli sembrò un buon compromesso fra un’obbedienza controllata e un’imminente insurrezione.
Da quando erano partiti non si erano ancora scambiati una parola. Il silenzio si era intromesso fra loro nell’istante in cui erano saltati a bordo dell’Audi che Carlo Lattanzi, l’amico di gioventù di Alessandro, si era convinto a prestargli senza nemmeno avere il tempo di capire, e in un minuto Alessandro aveva dovuto digerire il pensiero di quella creatura immacolata che non sembrava già più tanto immacolata, il senso di nausea che gli provocava il fatto che lei fosse l’amica del cuore di sua figlia, e il sapore torbato e autocommiserevole del Glengoyne 17 anni che aveva tracannato nella roulotte, seduto su un cesso di plastica, mentre si trovava sul set del suo ultimo film, quando ormai era già tutto deciso. Ma la cosa più irritante era la sensazione che avvertiva in quel momento, e che gli riportava alla mente un ricordo di ginocchia sbucciate dopo una partita di pallone sulla quale pendeva il divieto di sua madre.
Aveva fretta di arrivare a Sabaudia e non faceva niente per nasconderlo. Sebbene si rendesse conto che sarebbe bastato poco per avere un incidente, una lieve sbandata sull’asfalto reso viscido dalla pioggia, una disattenzione sulla strada che occupava stabilmente il secondo posto nelle speciali classifiche 10 delle statali più pericolose d’Italia. Il pensiero che quella sua intenzione venisse scoperta in un modo tanto fragoroso, per un istante lo convinse ad alleggerire la pressione del piede sul pedale dell’acceleratore. [...]

Rassegna stampa
  • «Il racconto di un ventennio cruciale nelle vicende di un attore pronto a tutto» (La cifra dei giorni.it, 14 gennaio 2013

  • «Un giovane attore bello e di successo, che all’apice della sua carriera commette un errore fatale che gli stravolge l’esistenza». Intervista su «L'Espresso» (Manuela Caserta, 22 gennaio 2013)

  • «Una vita di quelle talmente perfette da farti venire il vomito» (Tamara Viola, «Rivista inutile», 18 febbraio 2013)

  • «Un libro bello e necessario, una scrittura ricca e colta, un’analisi accurata di questi anni» (Gianni Montieri, «Poetarum Silva», 18 febbraio 2013)

  • «La fine è acuta e amara come la realtà italiana degli ultimi anni» (una singolare doppia recensione in stile "Le Jene" di Patrizia La Daga e Giuditta Casale, 1 marzo 2013)

  • «Pagine sferzanti su una certa borghesia illuminata che ha contribuito negli ultimi vent’anni a svuotare il paese di energia e fantasia» ("Il lunedì degli scrittori", 12 marzo 2013)

  • Il "persistere dell'ideologia" in un paese «che ci sta morendo fra le mani» (Francesca Fichera, scenecontemporanee.it, 20 marzo 2013)

  • «Una macchina mediatica che deforma la cronaca, schiaccia le personalità dei soggetti coinvolti al puro fine di sacrificarle all’altare profano dello spettacolarismo a tutti i costi» (Salvatore Iorio, effettonapoli.it, 25 marzo 2013)

  • «Una realtà fotografata così bene che arrivati alla fine si pensa: ma questa storia non è accaduta davvero?» (Fernando Coratelli, Tornogiovedì.it, 4 aprile 2013)

  • «Un romanzo dove il protagonista stesso dà la misura dell'uomo contemporaneo» (Simone Colombo, argonline.it, 16 aprile 2013)

  • «Un delitto senza castigo» (Alessandra Menesini, «L'Unione Sarda», 23 aprile 2013)

  • Ragionando sul ruolo della donna e su vent'anni di declino: intervista ad Andrea Pomella (Patrizia La Daga, Leultime20.it, 6 maggio 2013)

  • Un ritratto di Andrea Pomella scritto da Gabriele Dadati per «Glamour» (Nella rubrica "Ho un libro in testa" di Chicca Gagliardo, 3 giugno 2013)

  • «Una scrittura lucida, netta, senza barocchismi» (Giuseppe Barreca, «Poesia e scrittura», 8 giugno 2013)

  • «L'ascesa e la caduta di un novello Mephisto italiano» (Sabrina Campolongo, «PaginaUno», giugno-settembre 2013)

  • «Uno dei migliori libri italiani scritti e pubblicati nell’ultimo decennio» (Francesca Fichera, Scene contemporanee.it, 17 luglio 2013)