Lorenzo "Lerry" Arabia & Gianluca Morozzi, Le radici e le ali. La storia dei Gang


Le radici e le ali. La storia dei Gang
Pagine: 176
Isbn: 9788887433982
Collana: 
Data di pubblicazione: 15 aprile 2008
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Un libro che è un atto d’amore per tanti anni di canzoni, di impegno, di palchi e di concerti

Ametà degli anni ottanta, mentre il mondo impazzisce per sintetizzatori e tastiere a tracolla, in un paese della Marche chiamato Filottrano i fratelli Marino e Sandro Severini raccolgono il testimone dei Clash e fondano i Gang, un gruppo che dopo gli esordi in inglese (o anglomarchigiano) rivoluziona il rock italiano con dischi epocali come Le radici e le ali, Storie d’Italia, Una volta per sempre, con un percorso che passa dal punk al folk, arrivando a sfiorare la canzone d’autore. Un percorso troppo integralista e senza compromessi per non provocare l’ostracismo delle case discografiche e l’emarginazione dai grandi circuiti.
In questo libro si raccontano quasi venticinque anni di avventure musicali e di impegno sociale e politico dei Gang. Grazie alla cura di due fan storici del gruppo come Lorenzo “Lerry” Arabia (musicista) e Gianluca Morozzi (scrittore), il racconto in prima persona di Marino Severini si alterna a interventi di altri fan storici, illustri e non, a foto, ad aneddoti, curiosità, e a tutto quello che è l’Universo dei Gang.

The Gang
«Se Bob Dylan dice di sentirsi un cowboy, per quel che mi riguarda posso dire che mi considero un pastore, e tutta l’esperienza con i Gang la considero un’eterna transumanza. E le pecore che cerco di condurre verso i pascoli più verdi e i corsi dei fiumi più limpidi sono le mie canzoni. Penso che tutto il senso del mio lavoro sia qui, in questo paragone, che più di ogni altro esprime il mio stato d’animo rispetto a una piccola grande storia alla quale ho partecipato e a cui partecipo da protagonista. In cambio dei prodotti del mio gregge, che siano latte, ricotte, formaggi o lana, ho ricevuto tanto. Che ancora oggi sono io quello che si sente in debito e che dice grazie, per primo». (Marino Severini)


Marino e Sandro Severini ai tempi di Controverso
Sandro e Marino Severini, Larry Arabia e Gianluca Morozzi alla Feltrinelli International di Bologna, 20 maggio 2008
Con interventi di:
Ernesto De Pascale, Mauro Zaccuri, Freak Antoni, Max Stefani, Oskar degli Statuto, Marco Mezzetti, Andrea Mei, Paolo Rossi, David Bisetti, Grazia Verasani, Oderso Rubini, David Riondino, Elio (e le storie tese), Dodo, Franco D'Aniello, Maria Cervi, Cristiano Maramotti, Little Taver, Claudio Maioli, Marco Andriano, Roberto Carlini, Stefano Parolo, Steno dei Nabat, Francesco Caporaletti, Marco Tentelli, Stefano "Cisco" Bellotti, David Cacchione della Banda Bassotti, Claudio Lolli, Yo Yo Mundi, Graziano Romani, Alessio Lega.

Gianluca Morozzi e Lerry Arabia Lorenzo "Lerry" Arabia (a sinistra nella foto) nasce in Romagna nel 1973. Si autodefinisce un operaio del rock, perché da almeno vent'anni suona la chitarra e il basso in vari complessi e complessini.
Gianluca Morozzi (a destra) è nato a Bologna, dove vive. Per trent'anni non ha fatto nulla di importante. Poi ha cominciato a pubblicare libri, molti dei quali usciti per Fernandel e per l'editore Guanda.

Rassegna stampa
  • «Left», 24 aprile 2008: "Anni ottanta canzoni di lotta" di Mario Bonanno
    C'è chi scrive canzoni cuore/amore, chi invece si divide tra "resurrezione/insurrezione" e in mezzo - nei dischi - ci mette dentro tutto l'armamentario del musicista in trincea: Chico Mendez, la Resistenza, Ilaria Alpi, fascisti e brutti ceffi, Renato Curcio, la mafia, Marx, P2, sfruttamento, immigrazione, lotta continua. La canzone come atto politico, insomma. Sempre e comunque. Da 25 anni e 11 album in qua, per i Gang (i fratelli Sandro e Marino Severini) è così. Impegno, strade, chitarre, concerti: il circuito dove transita la musica alternativa. Dal punk al folk senza pagare il fio, con qualche ingerenza cantautorale (vedi la collaborazione con Massimo Bubola nel seminale Storie d'Italia) che non guasta mai. Le radici e le ali. La storia dei Gang (da maggio in libreria), è il riassunto di anni, e anni, di note dure senza paura. La storia comincia nel cuore degli Ottanta (il mondo aveva appena perso la bussola per sintetizzatori ed edonismo reaganiano) in quel di Filottrano nelle Marche dove i nostri cominciano a fare sul serio infilando un trittico da storia del folk/rock made in Italy: Le radici e le ali, Storie d'Italia e Una volta per sempre. Parole come pietre e sound buono per andarci a tempo, I'inizio di un percorso/discorso militante, portato avanti con coerenza (della serie: chi ci ama ci segua), in barba al craxi-berlusconismo espanso a società civile e discografia. In questo libro si narra l'impresa musicale - e anche l'impegno politico-sociale - della band. Grazie alla cura filologica di Lorenzo Arabia (musicista) e Gianluca Morozzi (scrittore). Il racconto in prima persona di Marino Severini si alterna - come si conviene a un saggio ben scritto e, prima ancora, pensato e maturato - a testimonianze, amarcord, aneddoti, foto, e a tutto ciò che fa e sa di microcosmo Gang. In tempi di memorie e fiati corti avercene di rocker così. Vedi i Modena City Ramblers, per esempio. Vedi quelli (pochi) che a canzoni si fan rivoluzioni.

  • Una storica foto dei Gang tratta dall'articolo comparso sul Manifesto
    "Queer" Il manifesto, 1 giugno 2008. «Non siamo in vendita». La storia dei Gang tra musica e politica. Di Edoardo Caizzi
    "Tell your friends, the Gang is not for sale" cantavano fin dagli anni '80 i fratelli Marino e Sandro Severini, anima e cuore del gruppo rock marchigiano Gang.
    Venticinque anni di concerti, canzoni e incontri che vengono ripercorsi con toni tutt'altro che agiografici in "Le radici e le ali", la biografia curata da due fon storici, il musicista Lorenzo Arabia e lo scrittore Gianluca Morozzi. È la storia di un gruppo musicale, ma è anche il tentativo di riprendere i fili della memoria, un percorso malinconico e orgoglioso, dalla parte di chi vuole usare le chitarre per "sparare canzoni che fanno male" e non rinuncia mai a mettersi in gioco, anche a costo di complicarsi la vita.
    Un lungo viaggio, dagli inizi come emuli nostrani dei Clash e di Strummer, con look da combat rock e testi rigorosamente in inglese, fino alla svolta degli anni '90 quando per primi hanno cercato di coniugare con successo l'energia del rock con gli strumenti della tradizione popolare. Come in ogni biografia musicale che si rispetti non mancano gli aneddoti e i ricordi, ma è proprio intorno a quel «no sell out» che si sviluppa il racconto dalla vicenda politica prima ancora che artistica dei Gang. Un lungo percorso di coerenza e di indipendenza per niente scontato che fa di questo libro una interessante riflessione sul rapporto tra arte, politica e mercato e diviene una efficace parabola degli ultimi vent'anni di musica impegnata italiana.
    Sono gli stessi autori con una forte dose di autoironia a suggerirci la lettura di questo libro come un "manuale di ciò che non bisogna fare per sfondare nel mercato musicale", un susseguirsi di rotture con discografici e critici non compiacenti raccontati con fierezza. Dal concerto dei sindacati del Primo maggio 1991 quando al tramonto della Prima repubblica decidono di cambiare il pezzo in scaletta, sostituendo quello concordato con "Socialdemocrazia", un inno allo sciopero generale. Finisce nel delirio totale, con i sindacalisti che cercano di staccare le alimentazioni delle chitarre e il direttore di rete, in quota craxiana, che sbraita e lancia la scomunica dai canali nazionali. I Gang sono all'apice del loro successo, osannati dalla critica ma per nulla disposti a vendersi. Con le case discografiche non va certo meglio, è un continuo braccio di ferro tra chi cerca di sfruttare la notorietà e l'esperienza dei Gang, e il loro testardo rifuggire da qualsiasi moda o omologazione.
    Dopo aver lanciato in Italia il folk rock, decidono di tornare alle radici combat rock, sconsigliati dai vari produttori artistici che tentano di indirizzarli verso un suono più malleabile, "alla Ligabue". Ma anche in questo caso i Gang si oppongono, vogliono fare di testa loro, curare testi e arrangiamenti. La spuntano, ma è una vittoria di Pirro perché l'album Controverso viene stampato con una tiratura irrisoria e non viene promosso in nessun modo, condannando di fatto il gruppo marchigiano ad una invisibilità dai canali ufficiali che dura in parte ancora oggi. Una vicenda che si conclude nelle aule dei tribunali con la vittoria dei Gang sulla Wea.
    La coerenza e il continuo tentativo di ricercare un equilibrio tra il percorso artistico e identità politica rifuggendo dai facili dogmatismi gli crea inimicizie non solo tra i mercanti del tempio, ma anche in altri settori, come testimonia il racconto del loro primo concerto al Leoncavallo, quando l'assemblea del centro sociale si divide tra quelli che li invitano a suonare e quelli che non accettano in alcun modo, siamo nei primi armi '90, il fatto che producano per una major e vorrebbero cacciarli a sprangate, senza eufemismi. Anche il loro pubblico si è spesso diviso, tra chi li rimpiange nel loro passato in stile Clash, tra chi non ha digerito la svolta folk, tra chi li vorrebbe ancora barricaderi, altri gli rimproverano, con un pizzico di supponenza, le mai dimenticate radici contadine. Forse i loro sostenitori più fedeli sono quei musicisti con cui hanno condiviso tanti concerti e che si sono ispirati a loro, dalla Banda Bassotti ai Modena City Ramblers, dagli Yo Yo Mundi agli Statuto, le cui testimonianze sono raccolte nel libro. Oggi li segue solo lo zoccolo duro, un destino che in qualche modo era stato preventivato. Ma i Gang non sembrano prendersela più di tanto, la strada dell'esilio per loro era già scritta sin dall'inizio, il ritorno a casa come strada obbligata per non tarsi affossare dal mercato. In mezzo c'è una costante ricerca musicale e teorica che ha pochi eguali nella storia musicale recente, l'incontro tra tradizione musicale popolare e sinistra eretica, energia del rock barricadero e poesia di Pasolini, umanesimo contadino e Resistenza, elementi che trovano una formidabile sintesi nell'album Le radici e le ali, che non a caso dà il titolo anche al libro.
    Proprio come quei "banditi" senza tempo di cui hanno per tanti anni cantato le gesta, i Gang possono guardarsi alle spalle senza rimpianti, hanno raccolto molto meno di quanto meritassero, privilegiando la dignità alla carriera, scegliendo strade costantemente in salita, ma scrivendo pagine indelebili e seminali della storia musicale italiana più recente.

  • «Il Mucchio Selvaggio», giugno 2008, Alex Pietrogiacomi
    «Se l'intero universo conosce Shakira e pochi eletti conoscono i Gang, non va bene» viene scritto nell'introduzione e si può solo annuire concordi perché questo gruppo italianissimo, in più o meno 25 anni di palchi calpestati, chilometri percorsi, riff macinati e dischi incisi, ha fatto davvero molto per la storia del rock italiano. Le radici e le ali. La storia dei Gang è così un vero e proprio diario/racconto di tanti anni di attività. Creatura dei due fratelli Marino e Sandro Severini, i Gang nascono come la maggior parte delle band di questo mondo in un piccolo centro dove assorbono tutta la cultura proleta­ria/contadina dei luoghi e della gente. Gli esordi sono scanditi dagli step di tutti i giovani musicisti: le basi ("se suonavi uno strumento e soprattutto se lo facevi in gruppo, potevi essere bruttissimo e non avere una lira ma tutte si innamoravano di te"), gli strumenti necessari ("per comprare gli strumenti ci aiutò il parroco, Don Costantino"), i primi concerti e poi la svolta decisiva che fa prendere la direzione ad una band ("fu attraverso il quotidiano Lotta Continua che venni a sape­re del punk inglese").
    Il punk e soprattutto i Clash sono stati il miracolo e l'etichetta che hanno sempre accompagnato il gruppo marchigiano, definito molto spesso come l'alter ego nostrano della formazione capitana­ta da Joe Strummer, ispiratori concettuali e musicali dei nostri. Leggere Le radici e le ali è ascoltare dal vivo la voce narrante di Marino Severini, è immergersi nei ricordi di un'Italia che stava vivendo un nuovo rinascimento musicale, che aveva voglia di aggregazione, di musica ed energie fresche, è sentirsi chiamati in causa per lottare contro le disgrazie politiche a cui i Gang hanno fatto fronte imbracciando chitarre, scrivendo canzoni e salendo sui palchi. Marino incanta, racconta "davanti ad un bicchiere di vino" tutta la sua storia (ma anche quella di Strummer), di come il punk sia poi diventato folk, di come si siano evolute le canzoni, le gioie dei dischi, il rapporto con il pubblico.
    C'è tutto in queste pagine cariche di vita, di amici che si alternano con interventi e aneddoti; c'è tutto quello che serve a chi conosce e a chi non conosce i capisaldi del combat rock italiano.

  • «La Repubblica», 17 giugno 2008, di Grazia Verasani
    Le radici e le ali. La storia dei Gang, curata da Lorenzo "Lerry" Arabia e Gianluca Morozzi (Fernandel editore) è un libro impedibile per chi è stato, ed è, un ammiratore della storica band marchigiana dei fratelli Severini, Marino e Sandro, sostenitori instancabili della cultura popolare e forse ultimi eroi di un'arte libera, avulsa da ogni tentativo di mercificazione. Quasi solenni nella loro intransigenza, i Gang sono stati dapprima sfruttati dal mercato, quando andavano di moda, e poi "accantonati" quando la loro indomabilità non faceva più gioco alle Major. Refrattari a compromessi che ne snaturavano le origini, i Gang hanno, con il loro sano ribellismo, con le loro epiche ballad di lotta, di banditi senza tempo, e con la loro lirica terrignità, rifiutato ogni forma di omologazione e difeso a spada tratta un'originalità che li ha sempre differenziati da band di cui sono stati, volente o nolente, gli apripista. E' un libro che mi sento di consigliare anche e soprattutto a tutti i giovani musicisti che cominciano oggi il loro percorso, perché la "filosofia" dei Gang è un esempio, oltre che una speranza, una lezione di vita, oltre che di musica. "Compito e vocazione di ogni artista," dice Marino "è riempire un vuoto, creare quello che non c'è". Ed è la ragione per cui i Gang, pur omaggiando i Clash e quell'ultimo, impareggiabile profeta che è stato Joe Strummer, non hanno ricalcato le orme di nessuno, hanno metabolizzato il punk rock e lo hanno commistiato con il folk e il cantautorale, tenendosi a dovuta distanza da ogni forma retorica. Hanno collaborato con geni fuori dal coro, hanno cercato complicità là dove la visione del mondo e quella della musica erano un tutt'uno, smarcandosi da tutti quegli artisti la cui autenticità era frenata dall'ambizione. Questione di fede, dice Marino, e come incalza David Riondino (una delle tante voci qui raccolte): "Tenerezza per il passato, per le battaglie, per il sangue versato, per la vita di coloro che hanno provato a essere epici". Dalla scelta di cantare in italiano e da quel capolavoro che è Le radici e le ali, inizia il ritorno a casa del guerriero e l'esilio di chi, da sempre e per sempre, senza mai un cedimento alle mode di passaggio non è mai stato in vendita né lo sarà mai. Nell'87, i Gang si ritrovarono con dieci mila copie vendute di un disco autoprodotto, Barricada, e da lì arrivarono la Cgd e successivamente la Wea, cui fecero causa - vincendola - perché a volte la giustizia si esercita persino nell'ambiguo mondo della discografia italiana. I fratelli Severini hanno lavorato per anni come facchini, perso per strada compagni di gioco e di militanza, realizzato centinaia di concerti dove, come dice Freak Antoni: "Ci mettono l'anima e il sangue", si sono trascinati da Filottrano al sud del mondo su un furgone scassato, hanno dormito dove capitava, anche negli studi di registrazione e nelle ex Caserme Rosse di Bologna, dando sostanza a una generazione e ad anni in cui sembrava possibile, con la musica, cambiare anche il mondo. Hanno, senza volere, creato un infinito debito di riconoscenza in tutte le band venute dopo di loro. Sono nati parallelamente allo scioglimento dei Clash e hanno, in Italia, riempito quel vuoto. Il libro racconta questa fertilità con sana e legittima nostalgia, ma è anche uno sprone a seguire sempre una strada personale, innovativa, che parte dalle proprie radici, piuttosto che cedere alle lusinghe di un mercato ballerino e tradire una fede che è anche politica, che è senso di appartenenza, e dove le band nascono per unire le forze, ‘alla comunista'. Se lo spirito dei Gang è sempre stato quello dei narratori viaggianti, dei cantastorie, dei Not for sale, la loro storia è sempre pronta a rinascere, così come loro sono sempre pronti a incontrarsi e incontrare, a far nascere il bello, a sostenere il talento di quelle band che oggi vogliono lasciare un segno senza vendere l'anima a diavoli che, per quanto indeboliti dalla crisi, non cessano di tarpare loro le ali. E noi non possiamo fare altro che continuare a seguirli...

  • L'isola che non c'era, 9 settembre 2008, articolo di Stefano Tognoni
    Le radici e le ali - La storia dei Gang non è una semplice biografia scritta in modo passivo. Curata da due fan storici del gruppo, Lorenzo "Lerry" Arabia e Gianluca Morozzi, quest'ultimo anche noto scrittore, è redatta con la voce narrante in prima persona di Marino Severini. Nel libro, dedicato alla memoria di Paolo Mozzicafreddo, si raccontano seguendo un percorso cronologico i venticinque anni di storia della Gang dagli albori del gruppo ai primi lp punk/rock in inglese, come epigoni Italiani dei Clash di Joe Strummer, alla svolta dei dischi in Italiano, perfetto esempio di contaminazione tra il folk-rock e la canzone d'autore. Nulla viene lasciato da parte del percorso musicale ma sono presenti anche curiosità, foto, citazioni e aneddoti riguardanti problematiche sociali e politiche. In ogni capitolo è presente anche una breve appendice intitolata "Cosa fa Joe Strummer?" una sorta di sintetica ma interessante biografia nella biografia, due percorsi che si seguono in parallelo rimanendo però molto vicini nello spirito. Il volume è inoltre reso ancor più esaustivo dalle molte testimonianze presenti, interventi di fans, musicisti, collaboratori di varia natura (Graziano Romani, Cisco, Claudio Lolli, Freak Antoni, Yo Yo Mundi, David Riondino, Elio, Paolo Rossi).
    Il mondo dei fratelli Marino e Sandro Severini viene analizzato quindi a trecentosessanta gradi e si comprendono meglio anche le loro scelte, la coerenza e il non voler scendere a compromessi, elementi che purtroppo hanno causato l'emarginazione della Gang dai grandi circuiti. Un libro da possedere, da leggere con attenzione e rispetto, un'autobiografia pensante e non incensante, per quello che è un grande gruppo.

  • lettera.com, 10 ottobre 2008, articolo di Marco Denti
    Dagli inizi in una contrada della campagna marchigiana a diventare uno dei gruppi più importanti della storia della musica italiana: l'epopea dei Gang raccontata attraverso il dischi, gli amici, i nemici, i conflitti, gli amori, le cause vinte e quelle perse, le rivoluzioni fatte e quelle ancora da fare, le chitarre e i furgoni, la strada e i sogni. 
    Marino Severini, che con il fratello Sandro manda avanti la storia dei Gang da più di vent'anni, è un grande paroliere, ma ancora di più è un grandissimo storyteller. Arginarlo non è un'impresa facile, nel caso avesse senso, e Lorenzo "Lerry" Arabia e Gianluca Morozzi hanno avuto l'intuito di costruirgli una gabbia, beninteso anche in senso tipografico, molto elastica per cui è facile, sfogliando questo libro passare dalla storia contadina delle Marche alla biografia di Joe Strummer, dalle lotte rivoluzionarie agli scontri legali, dai commenti di fans, amici, collaboratori e musicisti che hanno transitato nell'orbita dei Gang ai voli pindarici di Marino Severini sull'insostenibile natura dell'uomo e sull'indispensabile bisogno di rock'n'roll. Dentro questi contorni, molto rispettosi ma altrettanto curiosi, nasce un racconto dal tono molto colloquiale, da cultura orale, informale nell'avvicinarsi alla pagina, ma ricchissimo di idee, aneddotti, storie, ritratti, vicende umane e artistiche. Senza reticenze, perché certi rapporti (soprattutto quando si parla di politica e di spettacolo) sono fatti di una materia molto meno nobile rispetto alla carta e all'inchiostro con cui sono scritti però tenendo presenti alcuni capisaldi che i curatori tengono a ribadire: l'importanza dei Gang nel raccordare la canzone d'autore italiana (ma anche quella più tradizionale e popolare) con l'universo internazionale del rock'n'roll, la loro coerenza cristallina nel costruirsi i propri sogni chilometri su chilometri e infine l'appartenenza, la condivisione, e senza eccedere, anche il senso di comunità che li lega (caso più unico che raro) al loro pubblico. Qui dentro si scopre una storia d'Italia, almeno di quella che ha vissuto a cavallo tra la musica e la politica, che finora era stata vissuta per frammenti, segmenti e piccole bozze, ma che vista tutta intera brilla per la sua genuinità e chissà, forse svela anche un narratore che, con un po' di coraggio, potrebbe raccontare mille altre storie.