Francesca Violi, Un anno a Casale Nuovo

King


Io ho nove anni e infatti vado a scuola da solo.
L'anno scorso quando passavo davanti alla villetta di Andrea lui era già andato. King, invece, era lì che mi aspettava: usciva dal buco nella siepe e faceva la strada con me. L'aiuola spartitraffico è ancora piena delle sue cacche secche.
Andrea va a scuola in bici. Ha quasi dieci anni, è più alto di me, e ha una BMX color oro troppo bella, la più bella che c'è. Anche se coi piedi tocco appena, lui me la fa usare quando voglio.
Era un cane strano, King: non si faceva accarezzare, però ogni giorno puntuale mi accompagnava a scuola, e intanto faceva la pipì qua e là; spesso anche la cacca. Chissà perché gli piaceva farla proprio nello spartitraffico.
In luglio l'hanno dovuto addormentare.
La volta che Andrea è entrato in casa tutto insanguinato (c'ero anch'io), sua madre è diventata grigia in faccia e si è aggrappata al tavolo di cucina. Quando poi ha visto che la ferita non era grave, ha attaccato a ripetere che non si poteva far finta di niente, che era sempre stato un po' matto, quel cane, e che stavolta era andata bene ma la prossima chissà. Così il padre di Andrea qualche giorno dopo ha portato King dal veterinario, che gli ha fatto la puntura. Poi li bruciano, gli animali morti.
Io però lo so che non è stato King a mordere Andrea.
È stato Rocky, il cane lupo del gommista. Sabato pomeriggio non c'è nessuno, è facile scalare il muro. Noi lo facciamo sempre. Abbiamo giocato coi copertoni, le solite cose. Rocky ci conosce, non ci badava neanche: c'era un caldo boia e lui stava disteso all'ombra. Poi Andrea fa: Bel cane da guardia che sei, e si mette a stuzzicarlo con un ferro. Andrea a volte fa delle cose che non sembra tanto normale.
Io ero montato su una pila di copertoni, e da una finestrella rimasta aperta guardavo l'ultima aggiunta alla collezione di donne nude appese al muro (l'aiutante nuovo del gommista è africano, mette solo donne nere). Poi ho sentito un urlo, e ho visto Andrea che correva tenendosi il braccio, e Rocky dietro, che abbaiava e schiumava dalla bocca.
In tre secondi eravamo di là dal muro e siamo scappati con la BMX.
Ho pedalato io fino al campetto, era la prima volta che la usavo, è proprio fantastica. Andrea aveva la maglia tutta insanguinata.
“Adesso cosa dici a tua madre?” gli ho chiesto. E lui: “Non so, non so”. Piagnucolava, cercava di sciacquarsi il braccio sotto la fontanella, ma il sangue continuava a uscire, e lui a fissarlo, e non so quale delle due cose gli facesse più paura, il sangue o il pensiero di sua madre.
Siamo stati un po' in silenzio, io in piedi, lui in ginocchio a testa bassa, col braccio steso sotto il getto moscio dell'acqua; c'era solo il rumore della fontana, come di uno che piscia, e delle cicale, che però secondo mia nonna non possono essere cicale perché qui non ce ne sono mai state.
La bicicletta d'oro, abbandonata sulla ghiaia, brillava al sole proprio come un gioiello. Giù in fondo, lontano, sulla strada grande, è passata un'Ape azzurra e io l'ho guardata superare lentamente la scuola chiusa e girare all'altezza dello spartitraffico.
“Se tua madre scopre che hai scavalcato dal gommista, capace che per punizione non ti fa più usare la bici”, dico.
Andrea ha fatto un piccolo verso a bocca chiusa.
“Forse so come possiamo fare, però”. Ho aggiunto.
Finalmente ha guardato in su, verso di me. Aveva uno sbaffo di sangue sulla fronte.
“Intanto andiamo via di qui, che ci può vedere qualcuno. Ti spiego per strada".
Ma lui non si alzava, sembrava indeciso se togliere il braccio o, non so, magari rimanere lì per sempre.
“Dai”, e l'ho tirato per la maglietta, “non ne esce più di sangue, andiamo. La bici è meglio che la guido io, no?"

© settembre 2009 Francesca Violi