Francesca Violi, Un anno a Casale Nuovo

Sciopero


Il clacson del camion! Mi viene un mezzo crepo.
Vedo di striscio il pugno alzato dell'autista. Resto lì impalato mentre lo spostamento d'aria quasi mi porta via la bandiera di mano ma gli altri compagni, in fondo alla piazzola, sventolano le loro per ricambiare il saluto.
In tanti ci suonano per dire che sono con noi. Anche gente che non sa niente della CasalTubi: vedono gli striscioni e capiscono subito, perché tira la stessa aria dappertutto.
«Ma cos'hai, Ernesto, piangi?»
«Eh?»
Mi asciugo gli occhi con la manica e Luca mi guarda strano. Certo ogni tanto potrebbe farsi anche i cazzi suoi, ’sto ragazzo. Ma no, lui deve salvare il mondo...
«Eh già, tutto il giorno in mezzo al traffico...» dico.
Luca sembra poco convinto. Infatti non è vero che è per il traffico. Stavo ancora pensando a ieri mattina, a Simone: «Ho deciso: lascio la scuola».
Io e la Mari, senza parole: ma cosa dice questo, è impazzito? E lui: «Tanto non sono mica così bravo, no? Almeno così posso andare a lavorare, portare a casa dei soldi».
Ecco.
Mi sono sentito il sangue salire in faccia, agli occhi, al cervello: ma brutto cretino, ma allora io e tua madre cosa ci siamo fatti il culo a fare? E poi, no, ma chi vuoi che te ne dia da lavorare, di questi tempi? Non basta un disoccupato in famiglia? Eh? Avrei voluto urlare, ma avevo un nodo, un magone, che se aprivo bocca mi sarei messo a piangere da non riuscire a smettere, e uno non vuole piangere davanti a suo figlio. Allora mi sono alzato da tavola di scatto: «Non le voglio sentire ’ste cagate».
«Ma papà...»
«Ernesto, non...»
«Finisci di mangiare e vai a scuola».
Intanto che mi vestivo e uscivo, sentivo Mariangela che invece bombardava nostro figlio di domande e risposte, tutto insieme, come fa sempre, che dice tutto lei.
Non ho fatto neanche due rampe di scale che hanno cominciato a uscirmi le lacrime, a getto. Una roba mai vista, mi sono proprio dovuto fermare. Singhiozzavo come un pazzo, lì sul pianerottolo del secondo piano, con la testa contro il muro, la mano sulla bocca per silenziatore.
Poi un gran baccano, da sopra si è spalancata la porta di casa e la Mari si è buttata per le scale al solito modo suo, tipo valanga, urlando «Ernesto, il paninooo! Ernestooo!».
Ho provato, ma non sono riuscito a ricompormi più di tanto.
«Ti sei dimenticato il panino...» ha detto piano quando mi ha visto.
Mi ha appoggiato la faccia sulla spalla e siamo stati così per un po', finché ho chiuso i rubinetti.
«Hai visto nostro figlio?» Ha detto, tutta commossa.
«È un cretino» faccio io tirando su col naso.
«Sì. Tutto suo padre». Mi ha dato un bacio sulla guancia, e intanto mi ha infilato in tasca quel cavolo di panino. «Non si può scioperare a pancia vuota. Ah, gli ho detto grazie, ma che non se ne parla, di lasciare la scuola, che lo sappiamo che gli piace studiare anche se non è il primo della classe. Faceva la faccia dura ma era contento, sai? E di non spaventarsi se ci vede litigare, che ce la caviamo anche stavolta. Stasera digli qualcosa anche tu, a Simone». Altro bacio, ma sulla bocca, ed è tornata su. Appunto, dice tutto lei.
Ecco perché prima piangevo: è che pensavo, forse non riesco a tenermi il lavoro, però un figlio lo so allevare. E la mia donna è una gran donna. Insomma, non male, tra un po' siamo alla fame e io riesco comunque a darmi delle arie da capofamiglia modello... Quasi mi scappa un'altra lacrima: Luca infatti mi fissa.
«Ve', arriva Batman» dico per distrarlo, e indico il vecchio che cammina sull'altro lato della strada. Il tabarro nero sventola in modo spettacolare ad ogni macchina che passa.
«Allora io sono Superman» fa Luca, e si mette la bandiera rossa tipo mantello.
«Certo bisogna essere un po' suonati per venire tutti i giorni qui sullo stradone».
«Be', e noi allora?»
«Infatti anche noi... Questa cosa, lo sciopero: non serve a niente, diciamo la verità».
«Ma no, scusa, ho anche messo il video su YouTube. Quasi centocinquanta contatti!»
«Sì, tua madre, tua cugina... Oggi se non vai a scioperare su un tetto non ti caga nessuno, altro che video».
«Va be', non so, eh, allora inventati tu qualcosa, che lo mettiamo ai voti e...» Poverino, adesso sembra lui sul punto di piangere.
«Ma dài, scherzavo. Io non so inventare niente, so solo tagliare dei tubi». dico. «È una buona idea, manifestare qui». Proprio in quel momento un Ducato strombazza con entusiasmo, e io sventolo forte la bandiera: «Vedi?»
Luca ha un sorriso da orecchio a orecchio.
«Vuoi metà panino? Cotto e acciughe».
Gli scappa una smorfia di schifo: «Uh, buono, ma no, grazie, non ho fame». Ancora sorridendo mi dà una pacca sulla spalla e si unisce agli altri.
Il vecchio intanto è arrivato alla nostra altezza. Sorride e ci saluta con la mano, come ogni santo giorno.

© marzo 2010 Francesca Violi