Stefano Amato, L'apprendista libraio (giugno 2009)


Ormai, dopo due anni e passa di apprendistato sono capace di dividere i clienti della libreria in “tipi” distinti. Ecco i tre a cui sono più affezionato.

Il guru
Strano soggetto. Non entra mai da solo in libreria, e anzi sembra accompagnarsi quasi esclusivamente con conoscenti di livello culturale inferiore (“la spalla”), se possibile gente che non ha mai letto un libro in vita sua e pensa che l’autore di Alla ricerca del tempo perduto sia un ex campione di Formula Uno.
(Purtroppo non mi sto inventando niente. Davvero ho assistito a uno scambio del genere)
Un guru e la sua spalla stanno girando fra gli scaffali
GURU: «Accidenti, prima o poi dovrò decidermi a leggere la Recherche».
SPALLA: «Che roba è?»
GURU: «Alla ricerca del tempo perduto, sciocco. Un romanzo francese in diversi volumi».
SPALLA: «Non lo conosco. Di chi è?»
GURU: «Proust. Ti dice niente?»
SPALLA (fraintendendo): «Aspetta un attimo. Vuoi dire che Alain Prost ha scritto un romanzo? Assurdo».
GURU (si stringe la radice del naso fra pollice e indice, e scuote la testa in silenzio)
Un vero guru si riconosce da due cose: la convinzione che, a parte Pier Paolo Pasolini, nessuno in Italia ha scritto mai niente che valga la pena di essere letto; e l’estrema sintesi con cui giudica (spesso limitandosi a un’unica parola) ogni volta che gli chiedono un parere.
La scena è sempre la stessa. Il guru accompagna in libreria una spalla per consigliargli un libro da leggere (lui non ne compra mai per sé), anche se poi tutto quello che fa è stroncare senza mezzi termini i libri che incuriosiscono l’amico. Mentre vaga fra gli scaffali, il vero guru assumerà un’espressione disgustata del viso, nemmeno stia frugando tra i rifiuti di una discarica, mentre la spalla, visibilmente perplessa, sembra non avere la minima idea di dove diavolo si trovi.
La scelta del libro procede così.
SPALLA (prendendo in mano un libro come se fosse un mattone): «Questo come ti sembra?»
GURU: «Mmmh, insignificante».
SPALLA: «E questo?»
GURU: «Sopravvalutato».
SPALLA: «Quest’altro non sembra male».
GURU: «È un raccomandato».
SPALLA: «Guarda che bella copertina. Lo prendo?»
GURU: «Sì, se hai un tavolo traballante».
SPALLA: «E di questo scrittore che mi dici?»
GURU: «Ha una sfilza di ghostwriter che gli scrivono i libri».
SPALLA: «Una sfilza di che
GURU (Ruota gli occhi al cielo)
Il problema, con i guru, è che sono capaci di odiarti, se solo osi dire qualcosa di più intelligente di loro. Per questo quando viene a pagare il libro che sta imponendo all’amico (Una vita violenta, probabilmente), informandolo che ci hanno tratto un film nel ’65, io devo mordermi la lingua per non dire che è del ’62, pena un suo attacco di nervi.

L’entusiasta
Al contrario del guru, all’entusiasta piacciono tutti i libri, dai romanzi vittoriani ai manuali di auto-aiuto. Si aggira fra gli scaffali con un sorriso da ebete stampato in faccia, e non è raro sentirgli dire idiozie quali: «Per favore portatemi via, che io sono capace di passarci le ore, in una libreria». Il problema degli entusiasti è che sentono il bisogno di condividere il loro entusiasmo con gli amici. Questo vuol dire che se sfogliando un libro trovano una frase che li ispira, puntualmente attraversano tutta la libreria per far leggere quel particolare passo a un amico. Il quale, dopo aver letto il paragrafo in questione, poggia il libro dove capita. Ed ecco spiegato perché, a volte, vi è successo di trovare un tascabile di Hemingway fra i manuali di Power Point. Tutta colpa degli entusiasti.
A pensarci bene, quando qualche puntata fa ho parlato del disordine in libreria spiegandolo con la teoria della “finestra rotta”, avrei dovuto citare anche loro, fra le cause.
Ad ogni modo, dopo un po’ che l’entusiasta ha seminato libri per tutta la libreria – altra differenza con il guru: l’entusiasta entra in negozio accompagnato da una decina di conoscenti – e ha pregato ripetutamente gli amici di trascinarlo a forza via di lì, «altrimenti mi compro tutta la libreria», finalmente si avvicina alla cassa per pagare un libro. Che puntualmente si rivela un libro di merda. (Chiedo scusa per il termine, ma non riesco a trovarne uno migliore. Certi libri sono davvero pura cellulosa e nulla più. E siccome la cellulosa si ottiene dalle piante, per concimare le quali si usa la merda, ecco che quei libri tecnicamente parlando derivano in modo diretto dalla merda. Secondo me, eh!) Libri come Al mio papà o Al mio migliore amico, in cui ogni pagina è occupata da un aforisma sulla paternità o sull’amicizia.
Fateci caso, comunque. Più uno sbraita ai quattro venti il suo amore per i libri, più è probabile che legga solo roba scadente. È matematico. Fidatevi.

L’arpia
Forse l’unico vero nemico di un apprendista libraio. Più di quelli che ti interrompono per chiedere informazioni mentre fai conversazione con una bella ragazza. Più di quelli che vogliono usare internet ma non hanno mai visto un computer in vita loro e quindi devi praticamente fargli da tutor tipo CEPU.
L’arpia è una signora anziana, un’aristocratica dai settant’anni in su, a cui non basta essere una cliente. Quando entra lei in libreria, il mondo deve fermarsi. E tu, che diventi istantaneamente il suo maggiordomo personale, devi smettere di fare qualsiasi cosa tu stia facendo per dedicarle la massima attenzione, che nel suo caso significa sfoderare un sorriso a trentadue denti, alzarti in piedi, inchinarti fino a toccarti le ginocchia con la fronte e ovviamente srotolare un lungo tappeto rosso fino all’ingresso. Se manchi di fare anche una sola di queste cose, l’arpia è capace di piantare un casino. Mettendosi a sbraitare, minaccia di farti licenziare, chiedendosi ad alta voce come sia venuto in mente ai proprietari di assumere una persona scortese come te. Dopo qualche minuto di sfogo, sembra calmarsi. Ma è solo un’illusione. Passa infatti a chiederti di certi libri pubblicati in dieci copie negli anni ’30, e prende come un’offesa personale il fatto che siano, giustamente, fuori catalogo o non rintracciabili, tanto da guardarsi in giro come se cercasse qualcosa da tirarti, magari un fermacarte in marmo di Carrara.
Mi si potrebbe chiedere perché allora un tipo del genere io lo inserisca fra i miei preferiti. Be’, forse perché ha il potere di far apparire tutti gli altri degli angeli.
Non è poco.  

© 2009 Stefano Amato