Stefano Amato, L'apprendista libraio (settembre 2009)


LIBRI NERI(AZZURRI)

Da anni mi chiedevo perché non esistessero serie televisive ambientate in una libreria. L’unica che avevo visto, una volta, non mi era sembrata un granché (tanto per cominciare ci recitava Pamela Anderson). Mi stavo quindi rassegnando all’idea che il mio lavoro fosse talmente noioso da non stuzzicare nemmeno di striscio la mente degli autori televisivi, quando Ivano Bariani, scrittore e quasi collega (lui lavora in una fumetteria) mi ha fatto scoprire Black Books. La serie, andata in onda nel Regno Unito per tre stagioni, l’ultima delle quali risale al 2006, ha per protagonista Bernard Black, un misantropo nichilista, amante del bere, del fumo e della lettura, che gestisce la libreria Black Books a Londra. Quello che mi ha spinto a vedere più o meno legalmente tutti gli episodi della serie, è il fatto che Bernard si comporta con i clienti, e in generale nei confronti della libreria che gestisce, nello stesso modo in cui tutti gli apprendisti librai del globo nei loro sogni più sfrenati desidererebbero comportarsi. Per esempio, Bernard tira fuori un megafono dal cassetto della scrivania e urla ai clienti che è venuto il momento di chiudere, poi imbraccia una scopa e la usa per spingere via i più restii ad andarsene. Bernard beve un bicchiere di vino rosso seduto dietro alla cassa del negozio. Bernard non sopporta che lo interrompano mentre legge uno dei suoi tascabili. Bernard ha il cartellino dietro la porta che dice “chiuso” da entrambe le parti. Bernard apre e chiude quando vuole, è maligno con i clienti che non gli piacciono e, contrariamente a tutti i commercianti del mondo, è più felice quando nel suo negozio non c’è nessuno. Insomma la serie è (era) uno spasso. L’unico pericolo che corre un apprendista libraio è l’identificazione. Ho dei testimoni pronti a giurare che quando ero in piena fase Black Books, a un cliente che si è avvicinato al bancone ho detto: «che vuoi, tu?»

L’estate intanto, grazie al cielo, sta finendo. Pensavo che Natale fosse il periodo peggiore per un apprendista libraio, e invece agosto forse lo supera quanto ad appiattimento dell’encefalogramma dei clienti. Quest’anno, per esempio, ho scoperto che certa gente si fa anche quattromila chilometri per trascorrere gran parte del pomeriggio dietro un computer a contattare gli amici via Facebook, o per “uplodare” le foto appena scattate (sono sempre più convinto che chi ha inventato Facebook prima gestiva un internet point). Certi altri invece considerano i libri di Tomasi di Lampedusa, Pirandello, Vittorini e Sciascia dei prodotti tipici, e si sentono avanti se comprano i loro libri in Sicilia: pazienza se sono pubblicati da Feltrinelli, Mondadori e Adelphi, non proprio case editrici locali. Ho provato a immaginarmi in trasferta a Milano, entrare in una libreria e comprare I promessi sposi, ma davvero non riesco a vederla come una cosa furba. Magari lo è, ma ho i miei dubbi.
Gli stranieri, poi, non sono da meno, come testimonia il turista americano che mi ha chiesto: «do you have Mafia for dummies, or something like that?»

Certuni mi hanno fatto notare che in questa sede raramente parlo di libri. Io di solito rispondo loro che hanno ragione, anche perché la rubrica non s’intitola “L’apprendista critico”. Questo mese però, dato che sono a corto d’idee e ho ancora una cartella da riempire, farò un’eccezione.
Ok, la verità è che la settimana scorsa in uno scatolone di libri nuovi ce n’era uno che mi ha colpito più degli altri. Era FAQ Inter, edito da Bompiani e scritto da Moratti, il presidente, o proprietario – non so come si dica in questi casi – dell’Inter, la squadra di calcio. A essere sincero non so di preciso che cosa mi abbia spinto a leggerne qualche pagina. All’inizio pensavo fosse il fascino morboso che esercita su di me, non tifoso per eccellenza, un libro del genere. Un po’ come quando, passando davanti a un incidente stradale, volenti o nolenti si rallenta un po’. Quindi nonostante la mole di libri ancora da caricare nel computer, me ne stavo con quel libro in mano, incapace di posarlo, anche perché non avevo idea di come catalogarlo (un saggio, non lo è; narrativa, nemmeno; comico forse, ma involontariamente, e quindi non vale). Poi ho pensato che a ipnotizzarmi era stata l’inutilità che quel libro trasudava da tutti i pori della preziosa cellulosa su cui era stampato.
(Questo senso di inutilità probabilmente deriva dagli orrendi pregiudizi che nutro nei confronti dei tifosi di calcio, e che germogliano sotto forma di sillogismi tipo questo:
Prima proposizione: Gli ignoranti non leggono un libro neanche morti.
Seconda proposizione: I tifosi sono tutti ignoranti.
Conclusione: I tifosi eccetera eccetera.)
No, sul serio, a chi può interessare un libro del genere? I tifosi a stento leggono i libri di Severgnini sull’Inter, figuriamoci quelli scritti dal loro patron, o come si chiamano quei miliardari che per hobby possiedono una squadra di calcio.
Comunque, inutilità o meno, sono sicuro che FAQ Inter venderà lo stesso un sacco di copie. E sapete perché? Perché per noi apprendisti librai sarà il modo più rapido per liberarci dei clienti che nei prossimi mesi chiederanno di consigliargli «un libro da regalare a un tifoso dell’Inter». Pazienza se poi quel libro negli anni resterà fra quelli non letti, fra l’autobiografia di Gattuso e l’ultimo romanzo di Coelho. Quindi grazie, Bompiani, per avere pubblicato FAQ Inter. Ci sarà molto utile.  

© 2009 Stefano Amato