Stefano Amato, L'apprendista libraio (settembre 2008)


Le cose non vanno bene da queste parti. Sarà stato il ritorno da un lungo viaggio, o l'essere rinchiuso ad agosto in uno stanzone invece che sdraiato in spiaggia, ma nei giorni scorsi sono stato a un passo dallo sperimentare quel trip che i manuali di medicina definiscono "esaurimento nervoso". Fortunatamente mi sono fermato prima, riuscendo, grazie agli sconfinati poteri della mente umana, a scongiurare il peggio e rientrare nei ranghi. Ho il sospetto che avere vinto un concorso letterario sia stato di aiuto, ma temo che non lo sapremo mai.
Il problema è che a quel punto non potevo certo scrivere di me stesso, rischiando di frignare per diecimila battute spazi inclusi contro la legge 30 e cose del genere. Allora ho fatto quello che chiunque dotato di un minimo di materia grigia avrebbe fatto: mi sono affidato a internet. Dove ho cercato qualcosa che parlasse di librerie e apprendisti librai. Ecco il risultato della ricerca.
Su Wikipedia - quanto di più vicino alla Guida galattica per autostoppisti il genere umano si riuscito a concepire finora - l'argomento "libreria" e simili non è molto battuto. D'altronde è noto che se si vogliono ottenere risultati accettabili bisogna rivolgersi al sito in inglese. E infatti cambiando lingua ho trovato una pagina intera dedicata alla vendita dei libri ("Bookselling"), interessante per diversi motivi. Tanto per cominciare, spiega chi sia stato il primo libraio della storia: una di quelle nozioni che fanno sempre comodo, per esempio a cena fuori con l'altro sesso. Sarei tentato di dire di andarvelo a leggere da soli, ma temo (e spero per voi) che non abbiate la mia stessa motivazione psicologica; in più non è detto che padroneggiate l'inglese come il sottoscritto, quindi ecco qui: il primo libraio di cui si abbia notizia è stato Baruch, lo scriba del profeta Jeremiah. Altro motivo di interesse la pagina lo offre quando fa un excursus della storia della vendita dei libri nei secoli dei secoli, dall'antica Grecia fino al cristianesimo e oltre. E ponendo come inizio del sistema moderno di vendita dei libri gli anni immediatamente successivi all'invenzione della stampa, per opera, sempre secondo Wikipedia, di Antony Koburger a Norimberga nel 1470. (Già, quello che ho pensato anch'io: "e Gutenberg, allora?")
Il sito fa anche un'importante distinzione fra librerie appartenenti a grandi catene, e librerie indipendenti. Tra le più famose librerie indipendenti, cita la City Lights di San Francisco (fondata dal poeta beat Lawrence Ferlinghetti), Cody's books, Printers Inc, Shakespeare and Company, e Kepler's books, quasi tutte fallite in momenti diversi, spesso a causa dell'impossibilità di competere con catene quali Barnes and Noble.
Sempre su Wikipedia ho scoperto che anni fa per dare una mano alle piccole librerie indipendenti gli americani si sono inventati una cosa chiamata "Bookstore tourism", che in italiano potremmo tradurre come "turismo librario". Questo consisteva in viaggi organizzati le cui tappe, invece di essere monumenti, erano delle librerie indipendenti. Qui la gente poteva leggere e soprattutto comprare libri (questa almeno era la speranza degli organizzatori), ma anche pranzare, assistere a presentazioni e incontri con gli autori. Purtroppo l'iniziativa ha avuto scarso impatto sul pubblico, ed è presto naufragata.
Credo che in Italia la situazione sia simile. È difficile per le piccole librerie competere con le varie Feltrinelli, Mondadori ecc., o con i centri commerciali, che possono permettersi di scontare i libri in maniera incondizionata. Sempre più gente viene in libreria, chiede quanto costa un libro, e quando glielo dici risponde: «ma all'Auchan/Carrefour/Feltrinelli costa molto meno!» (Perché allora non l'abbiano comprato lì, resterà per sempre un mistero.)
Non so se in Italia esistano celebri librerie indipendenti. Per quanto mi riguarda, fra quelle che ho visitato la mia preferita resta la Libreria del Teatro di Reggio Emilia. Fateci un salto, se capitate da quelle parti. Il posto è stupendo (Pier Vittorio Tondelli ne era un assiduo frequentatore) e il signor Nasi, il proprietario, un uomo che non dimenticherete tanto facilmente. Basti dire che anni fa in cambio di una banconota irachena con l'effigie di Saddam Hussein mi ha regalato un sacco di roba, tra cui, se non ricordo male, anche un paio di numeri di "Fernandel".

Yahoo Answers invece è un sito che, come dice il nome, si ripromette di dare delle risposte. Il suo motto è "Get answers from millions of real people!", e infatti funziona proprio così: uno pone una domanda e, se è fortunato, altri utenti gli rispondono. Tuttavia si fa prima a cercare negli archivi delle domande già risposte, anziché porne una nuova.
Io ho scoperto il sito un giorno in cui non ricordavo bene se negli spaghetti aglio, olio e peperoncino, quest'ultimo si facesse soffriggere con l'aglio o si dovesse aggiungere a crudo. Dopo avere interrogato Yahoo Answers il dubbio mi è rimasto - le risposte erano divise al cinquanta percento - ma ho continuato lo stesso a visitarlo. La cosa affascinante è che si trovano domande che ricoprono tutto lo spettro compreso fra "Secondo voi Dio esiste?" e "Chi vincerà lo scudetto quest'anno?" Qualche giorno fa nello spazio di ricerca ho digitato la parola "libreria", ma nel sito in italiano non ho trovato un granché; solo risposte che parlavano di librerie di "iTunes", o libreria intesa come pezzo di arredamento ("Di che colore dovrei dipingere la mia libreria?"). Quindi ancora una volta mi sono affidato al sito in inglese. Ho digitato "Bookstore", e finalmente ho trovato qualcosa di interessante.
L'utente chiamato "Its time 4 a love revolution" [sic], per esempio, in passato ha chiesto agli altri utenti come descriverebbero la loro libreria ideale. Fra le tante risposte è stata catalogata come "migliore" quella di una certa "Lory H", che pone l'accento non tanto sulla quantità di titoli disponibili, quanto sull'atmosfera che le grandi catene non sanno regalare. "I clienti non dovrebbero solo entrare e comprare un libro", aggiunge Lory H, "ma dovrebbero potere restare tutto il tempo che vogliono a sfogliare i volumi. Ci sarebbero un sacco di sedie e poltrone comode, nell'aria l'aroma di caffè o almeno quello di alcune candele profumate. E soprattutto, del personale che ama i libri e legge molto". Quando si dice: l'acqua calda.

Un altro sito che ho scoperto mentre cercavo di domare i miei demoni personali è stato il Bookshop Blog: un blog, in pratica, dedicato alle persone che lavorano in libreria. È un sito interessante, almeno abbastanza da spingermi a inserirlo tra i preferiti, perché parla di tutto quello che succede in libreria, dalle situazioni meno piacevoli a quelle più divertenti, cercando allo stesso tempo di dare una mano ai poveri apprendisti librai sparsi per il globo. Un post, per esempio, parlava di quei clienti che chiedono consiglio per un libro da regalare al figlio o nipote il quale, aggiungono, "non ama leggere" (tradotto: si farebbe strappare le unghie a una a una, pur di non sostituire il joypad della Playstation con un libro). Mentre io a una domanda del genere di solito mi scoraggio e mi lascio andare a pericolose fantasie autodistruttive, il BookShop Blog si comporta da persona matura, fa un bel respiro e analizza la questione in maniera professionale. Innanzitutto, riporta il sito, non esistono bambini che non leggono. Magari leggono solo i fumetti, o i libri scolastici quando fanno i compiti, ma tutti i bambini prendono quotidianamente in mano un libro. Poi, prosegue, basta porre le domande giuste al genitore/zio/nonno, per trovare il libro che fa per lui. Quanti anni ha? Che interessi coltiva? Gli piace il cinema? E lo sport? E così via.
Il Bookshop Blog mi ha colpito a tal punto da convincermi a fare qualcosa del genere a livello cittadino. Fondare un'associazione o qualcosa di simile. È un peccato, ho pensato, che tutti noi commessi di piccole librerie dobbiamo restarcene chiusi nelle nostre stanze a lamentarci da soli quando potremmo farlo in compagnia, magari aiutandoci a vicenda per le questioni più difficili. Ho deciso che prima o poi farò un giro delle libreria di Siracusa e proporrò la cosa agli altri. Ovviamente quel "prima o poi" significa che non lo farò mai, ma mi piace pensare che in un lontano futuro succederà, e io verrò per sempre ricordato come il liberatore dei locali apprendisti librai.

E ora, signore e signori... (rullo di tamburi), il premio per le tre migliori battute "leghiste" che quest'estate, a turno, alcuni turisti dall'accento veneto e lo sguardo torvo hanno pronunciato in libreria (che, com'è noto, si trova a Siracusa).

La terza classificata è:
CLIENTE: «Posso pagare col bancomat?»
APPRENDISTA LIBRAIO: «Certo».
CLIENTE: «Ma dài. È arrivata fin qui una tecnologia del genere?»

Si piazza al secondo posto:
CLIENTE (reggendo un iPhone nuovo di zecca in mano): «È possibile collegarsi a internet col telefono?»
APPRENDISTA LIBRAIO: «No, mi dispiace, non abbiamo internet wireless».
CLIENTE: «Ovviamente».

E vince il primo premio per la migliore (o peggiore) battuta leghista dell'estate 2008:
TURISTA (rivolto alla moglie, osservando la libreria dal marciapiede): «Toh, una libreria».
MOGLIE DEL TURISTA: «Si vede che anche da queste parti leggono un libro, una volta ogni tanto».
TURISTA: «Ma no, sarà una copertura».

Ultima cosa. Una sotto-rubrica di questa rubrica potrebbe intitolarsi Domande idiote. La inauguro oggi, pur sapendo che forse non avrà un seguito. Prendete nota, mi raccomando, perché volenti o nolenti sono domande che tutti (me compreso) abbiamo posto almeno una volta nella vita.
La domanda idiota di questo mese si svolge nel seguente scenario: ho appena battuto qualcosa alla cassa, e consegnato il resto e lo scontrino a un cliente; poi sono andato fra gli scaffali per mettere in ordine alcuni libri fuori posto.
Ho ancora i volumi in mano, quando qualcuno mi si avvicina e chiede: «lavori qui?»
«No, sono solo un maniaco dell'ordine», viene da rispondere.
Vi prego, risparmiatemelo e risparmiatevelo. Farete un favore al mondo intero: a me, per ovvie ragioni di sanità mentale; a voi stessi perché, ve lo dico, non ci fate proprio la figura delle aquile.

Alla prossima.

("Aspetta un attimo. E la descrizione delle librerie estere che ci avevi promesso il mese scorso?" Giusto. Ma ripeto: non ero in vena. Un altro mese di pazienza.)

© 2008 Stefano Amato